Una bella notizia finalmente. Danilo Miscione è tornato a casa. Dopo quasi 10 giorni di ricovero in malattie infettive al Cardarelli, il 48enne larinese ha lasciato il reparto ed ha fatto ritorno a bordo di un’ambulanza della Croce Rossa nella sua abitazione.
Certo, il virus non è stato ancora debellato del tutto, ma che gioia saperlo nuovamente con la sua famiglia, con sua moglie e i suoi figli, ancora distanti, ma saperlo a casa ha spalancato il cuore di tutti alla gioia.
E che bello sentire la sua voce. Una voce, debole, certamente tanto diversa da quella che siamo soliti udire, voce di un uomo che ha provato, e sta provando, sulla sua pelle cosa sia il Coronavirus. Una malattia che può ridurti su una sedia, ti toglie le forze, ti costringe a rimanere attaccato all’ossigeno, ti impedisce anche solo di fare un passo perchè è come se dovessi trascinare un macigno. Una malattia così subdola che, a volte, non sai neppure dove l’hai contratta, tu che hai da sempre rispettato le regole, hai utilizzato i dispositivi di protezione e rinunciato anche a vedere gli amici pur di starne lontano.
Abbiamo contattato Danilo al telefono, lo abbiamo fatto per sapere come stava, per testimoniargli una vicinanza concreta, quella personale dello staff di Viaggio nel Molise, ma anche quella della sua città, dei tanti che in questi giorni si sono preoccupati delle sue condizioni, dei tanti che hanno sperato e pregato che lui tornasse presto a casa.
E Danilo ci ha risposto.
Con la voce debole ma ferma ci ha raccontato la sua storia con il virus.
“Mi ha preso in una maniera violenta. Se non avessi avuto l’ossigeno oggi non sarei qui. Non so come l’ho contratto. Non ho davvero idea. Credimi ho utilizzato tutti i dispositivi di protezione, sono stato preso in giro dagli amici perché ho rifiutato di uscire con loro qualche volta.
Eppure ho contratto il Covid in una forma davvero cruenta. Non riuscivo a fare un passo, avevo fame d’aria con la saturazione che scendeva giorno dopo giorno fino alla decisione della necessità del ricovero. Ho aspettato due giorni prima di poter essere ricoverato perché al Cardarelli non c’era posto domenica 15 novembre. Ero ricoverato con altri due pazienti bisognosi di ossigeno come me. Avevo solo il telefono. L’unico strumento con il quale ho mantenuto il contatto con il mondo esterno e a volte anche con il personale medico del reparto. Oggi sto meglio, sono ancora positivo ma voglio dire che non bisogna mai abbassare la guardia. Non ancora posso riabbracciare i miei cari ma sono qui accanto a me, nella stanza a fianco.
Mia moglie mi è stata sempre vicino e la ringrazio di cuore per tutto quello che ha fatto per me. Così come ringrazio tutto il personale del reparto di malattie infettive, i medici dell’Usca, il dottor Petrecca, quanti si sono spesi per starmi vicino ed aiutarmi a combattere contro questo subdolo virus”.
La telefonata con Danilo ci ha riempito di gioia, il resto come è organizzato il Cardarelli, i turni massacranti del personale, lo stato generale del reparto organizzato su tre piani, sinceramente a noi, al momento non interessa, quello che interessava era testimoniare il ritorno a casa di Danilo e ribadire con le sue parole “state attenti, non abbassate la guardia, il virus fa davvero paura”.
(La foto di copertina è di Guerino Trivisonno)