Il Procuratore Antonelli, che come primo incarico, venne inviata a Gela ha ricordato ampiamente le figure dei due magistrati e la Sicilia del tempo
SAN GIACOMO DEGLI SCHIAVONI. “Questa mattina, con l’onorevole Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, alla presenza delle massime autorità civili e militari, oltre a molti cittadini, abbiamo realizzato un sogno: l’intitolazione della sala consiliare del Comune di San Giacomo degli Schiavoni a due immensi Servitori dello Stato, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Da Sindaco, insieme alla mia amministrazione, abbiamo realizzato in questi anni molte opere pubbliche. Ciò che è accaduto oggi credo abbia un valore immateriale e di guida per le giovani generazioni dal significato inestimabile. San Giacomo vive”.
Ha voluto riassumere con queste frasi, il sindaco e senatore Costanzo Della Porta, la giornata storica vissuta dalla sua comunità che si è ritrovata, a quasi 33 anni da quelle orrende stragi, a ribadire il suo impegno antimafia dedicando l’aula della massima espressione della democrazia, ossia quella consiliare a due uomini simbolo per antonomasia della dedizione alla legalità, ossia i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, morti nell’adempimento del loro dovere, barbaramente uccisi da quella mano omicida chiamata ‘Mafia’ che per contrastare il loro operato, e quello di tanti altri giudici coraggiosi, li ha uccisi ma non è riuscita ad uccidere quanto da loro fatto sul fronte della lotta, non più soltanto alla ‘Mafia’ ma più in generale alle ‘Mafie’.
Un momento ricco di significati, quello vissuto questa mattina nel centro bassomolisano dove accanto al primo cittadino, al suo vice Massimo Fiocchi, erano presenti tutti i rappresentanti dell’amministrazione, il prefetto di Campobasso Michela Lattarulo, il questore Cristiano Tatarelli, il procuratore Elvira Antonelli ed i vertici provinciali e regionali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Presenti anche molti sindaci di diversi comuni del Basso Molise.
Nel corso della mattinata sono stati ricordati i due magistrati e tutto quanto da loro fatto per combattere la mafia. “Chi sono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Non supereroi – ha affermato il procuratore Antonelli – ma due uomini, due giganti indiscussi accomunati dall’Essere Portatori ed esempio di VALORI universalmente accettati e dalla CONDIVISIONE di intenti. I valori che li hanno contraddistinti sono stati quelli della serietà, dell’onestà, della lealtà con sé stessi, con le proprie famiglie, con la gente con la quale hanno condiviso l’esistenza, dell’umiltà. Persone come noi. Parlo di gente, termine generico che sta a comprendere il bene e il male della società che hanno contribuito a crescere. Sono cresciuti insieme, nella Palermo antica, oggi spazzata via dalla modernità, come semplici persone, sensibili per i fenomeni mafiosi. Hanno studiato. Falcone ha persino fatto la scelta iniziale di arruolarsi nella Marina per capire che quella non era la sua strada. Lui, costruttore di ambienti sani, scevro dalle logiche della caserma e del nonnismo cui assisteva, ha abbandonato la vita militare dedicandosi agli studi di Giurisprudenza affrontati sempre al meglio delle sue capacità. La scelta anche di Borsellino di affrontare il concorso in Magistratura e la capacità di lavorare con la massima serietà ed impegno sin dagli albori della professione li ha ancora una volta accomunati.
Anche la scelta per la vita familiare ha cementato la “amicizia” tra i due uomini: Falcone dopo il primo matrimonio ha sposato Francesca Morvillo, collega, donna di elevata statura morale e culturale, compagna nella vita e nelle attività professionali, la collega della porta accanto che lo ha seguito anche quando è stato nominato al Ministero della Giustizia come direttore degli Affari penali. Il giorno della strage era impegnata come commissaria nell’esame di magistratura. Borsellino sposò Agnese, che fu la sua compagna, mite, leale e fedele per tutta la vita custodendo la “bellezza morale” dell’uomo e della sua famiglia, dei suoi figli.
Divennero ufficialmente colleghi nel 1979 quando, dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, Falcone accettò l’offerta di Rocco Chinnici e passò all’Ufficio istruzione della sezione penale, dove Borsellino lavorava già da quattro anni. Condivisero l’attività giudiziaria fino al 1986 quando Borsellino fu nominato Procuratore della Repubblica a Marsala. Intanto Falcone fece la carriera istruendo i processi di Mafia più famosi, contro Buscetta, contro i clan dei Corleonesi e Borsellino, seguì l’indagine connessa sui cosiddetti “delitti eccellenti”, cioè quelli consumati contro numerose personalità dello Stato, e sugli omicidi compiuti dalla cosca di Corso dei Mille. Due furono gli episodi che caratterizzarono la vita professionale di questi uomini e si iniziò a temere per la loro vita: nel 1985, , dopo essere stati messi sotto scorta, furono trasferiti per motivi di sicurezza con le rispettive famiglie presso la foresteria del carcere dell’Asinara, dove terminarono la scrittura di oltre ottomila pagine della colossale ordinanza-sentenza che porterà al famoso maxiprocesso di Palermo, terminato con 360 condanne per complessivi 2.665 anni di carcere e 11,5 miliardi di lire di multe.
Il fallito attentato dell’Addaura del 21 giugno 1989, quando alcuni mafiosi piazzarono un borsone con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochi metri dalla villa affittata dal giudice Falcone per le vacanze ove lavorava ad altro troncone della maxinchiesta. Infine gli attentati: Capaci il 23 maggio 1992, e solo dopo 57 giorni, Via D’Amelio il 19 luglio 1992.
Come loro stessi dicevano erano “morti che camminavano”, forse lasciati soli dalle Istituzioni dell’epoca o forse solo ritenuti immortali perché persone capaci.
La mia esperienza di giovane Magistrato nella terra delle stragi al suo primo incarico solo dopo 3 anni dalla laurea. Sostituto Procuratore, il mio Procuratore aveva fatto parte del pool antimafia di Falcone e Borsellino all’epoca di un altro grande Magistrato, Antonino Caponnetto. Si respirava l’aria del pool, a Gela gravemente e ripetutamente colpita dalla mafia degli stiddari. La sorpresa del primo attentato – nessuno ebbe coraggio al mattino del 24 maggio 92 di sospendere l’udienza o di chiederne la sospensione per un minuto di silenzio e di raccoglimento per quel terremoto che aveva colpito tutta la Magistratura. E ne eravamo consapevoli tutti. Magistrati e avvocati
Lo sgomento dell’attentato a Borsellino, il collega della porta accanto, l’uomo magistrato che continuava il suo lavoro silenzioso e determinato senza il clamore che aveva investito Falcone; era diventato ministeriale e quindi simbolo della sana Magistratura, ma fuori ruolo. Metteva al servizio dello Stato le competenze acquisite in tanti anni di duro lavoro, ma aveva appeso la toga.
Un sentimento di sgomento trasformatosi in breve tempo nella forza del coraggio di operare in una terra fatta di persone per bene offese, umiliate e calpestate da pochi, terribili uomini di onore. Lo Stato reagì, inviò i soldati dell’Operazione Vespri siciliani, la Sicilia divenne in pochissimi giorni simile ad un luogo di guerra, presidiata in tutti i suoi angoli. E noi giovani Magistrati, protetti dai militari al portone e con le auto blindate ci trovammo e ci sentimmo improvvisamente investiti di una responsabilità che andava oltre il ruolo: doveva riscattare i colleghi Falcone e Borsellino. E con loro tutti quelli che erano caduti per la Mafia e per il terrorismo.
Cosa ci hanno lasciato: le tecniche investigative, in primis quella del “follow the money”, segui il danaro, applicate con strumenti semplici, elefantiaci per grandezza e per farraginosità di funzionamento. Puntare sulla lotta ai patrimoni illegali, usare tecnologia avanzata, intensificare la cooperazione internazionale per scovare i legami tra criminalità organizzata transnazionale, corruzione e riciclaggio.
Lasciano una eredità normativa in materia di collaborazione con la giustizia, antimafia, antiracket. Lasciano la creazione della DIA, la Direzione centrale Antimafia, la cd. Superprocura, la struttura centralizzata che coordina le direzioni investigative distrettuali antimafia sorte presso ciascun distretto giudiziario e si coordina con le direzioni investigative antimafia degli Stati esteri. Nel 2020 a Vienna 190 Paesi del mondo hanno approvato all’unanimità la risoluzione “Falcone”, italiana, presentata durante la Conferenza delle Parti sulla Convenzione ONU contro la criminalità transnazionale.
Sono da vedere nel museo Falcone e Borsellino a Palazzo di Giustizia a Palermo i luoghi della quotidianità dei due uomini, emanano entusiasmo per la professione, sono da leggere gli scritti appesi alle pareti che raccontano gli uomini e i profondi sentimenti di legalità, giustizia e rispetto umano e per lo Stato.
Sono indimenticabili le frasi che accompagnano ciascun Magistrato italiano pronunciate dai due grandi Magistrati. L’uno, Borsellino, che diceva “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” e “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato”. L’altro, Falcone “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
E noi tutti siamo e dobbiamo essere quelle gambe che portano avanti, fiere, il concetto di LEGALITA’”. La stessa Colosimo, ricordiamo presidente della Commissione antimafia ha aggiunto “Oggi a San Giacomo degli Schiavoni, insieme al Senatore Costanzo Della Porta ho partecipato alla cerimonia di intitolazione della sala consiliare, a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una giornata per ricordare ancora oggi, l’impegno e l’esempio di due magistrati simbolo della lotta alla mafia”.