TERMOLI. “Voglio denunciare quello che hanno già fatto i miei colleghi, noi ci troviamo a lavorare in una sede assolutamente inadeguata.
Sono state fatte rimostranze, appelli di vario genere, ma nessuno ha risposto in modo particolare nemmeno il dottor Giorgetta che è il responsabile di questa situazione”.
Inizia così la sua denuncia la dottoressa Fernanda Florio.
Originaria di Santa Croce di Magliano, da trent’anni al servizio della medicina sul territorio, di cui venti trascorsi, operativamente parlando, nelle postazioni del 118 principalmente nella zona di Larino.
Dal 1 agosto, la dottoressa che tra le altre cose, ha dovuto combattere per ben due mesi con il Covid, ha scelto di lasciare l’emergenza per dedicarsi sempre al territorio, ma in una postazione di guardia medica.
Da poco più di due settimane ha, dunque, preso servizio a Termoli, nei locali che l’azienda sanitaria ha adibito a Guardia Medica all’entrata del vecchio ospedale san Timoteo in via del Molinello. Una decisione presa a seguito dell’emergenza Covid.
Locali che, stando alle dichiarazioni della dottoressa, non sono idonei per l’espletamento dei servizio in quanto non prevedono una zona di triage e non sarebbero concepiti per ospitare personale sia di sesso maschile che femminile, in uno con alcuni suppellettili come le brandine davvero ‘assurde’.
“Abbiamo un telefono che non funziona. Ma mi potete spiegare se nel 2020 (ci ha mostrato un vecchio modello di cellulare) si può avere un telefono che non prende, non riusciamo a rispondere.
E’ qualcosa di scandaloso.
Ma lo scandalo peggiore è quello dato dai locali che ci sono stati assegnati. Durante un turno che ho fatto mi sono permessa di lasciare una divisa e delle scarpe.
Mi è stato detto che questo spazio non poteva essere occupato perché non era mio ed io ho risposto con un bel foglio a questo signore.
Ho scritto “purtroppo qui dobbiamo fare come i palestinesi e gli ebrei, questo spazio lo dobbiamo condividere perché se tu lo tenevi prima, a me mi ci hanno messo a lavorare”.
Io non posso andare in giro come una barbona. Ne io ne i miei colleghi perché ho una laurea d’eccellenza, sono 30 anni che faccio il medico.
Non mi posso permettere a 58 anni di andare in giro come una barbona.
In questi locali ci vuole un bagno perché lavoriamo maschi e femmine. Ci vuole privacy. Ci vuole un posto dove fare il triage. Siamo costretti a fare il triage fuori dalla porta con la gente che ci deve chiamare e noi dobbiamo chiedere se hanno avuto la febbre o quant’altro per regolarci.
Dentro questo posto ci lavora un autista dell’autoparco ed è addetto ad un lavoro di portineria, che ne so io se lui ha il Covid o se lo può prendere qua.
Io mi sono già ammalata perché l’Azienda, il mio primario e i servizi preposti non mi hanno permesso di difendermi.
Il Covid l’ho già avuto e non mi vorrei ammalare ancora.
Io venerdì sera, che ho la notte, protesterò con un cartello, farò la guardia medica fuori, dentro la macchina, tenendo la mia roba fuori di qui. E questo accadrà per sempre fino a quando non mi troveranno uno spazio consono alla mia dignità e alla mia persona”.