LARINO-MONTORIO NEI FRENTANI. Con la pubblicazione odierna, inizia una vera e propria vetrina di storia locale grazie all’amicizia personale che mi lega al noto cultore di memorie larinesi, il sociologo Berardo Mastrogiuseppe con cui, ormai da diverse settimane, condivido, dinanzi ad una colazione al bar ‘Carfagnini’, ricordi di una Larino che, a volte spiace dirlo, ai più, resta ancora sconosciuta. Una storia fatta di famiglie nobili, di personaggi che hanno lasciato il segno nella più grande storia Patria, di uomini ma anche donne che hanno reso la città frentana famosa con le loro opere, pensiamo alla famiglia Battista e all’energia elettrica, alla famiglia Bevilacqua, ed ancora a quella dei Cristinziani, con il suo esponente, quel generale Antonio che i larinesi di oggi, questo almeno ricorderanno, fu rinvenuto cadavere nella sua abitazione il 31 luglio del 1986. Storie della fine dell’ottocento ed inizi del novecento caratterizzate da vero fermento che culmineranno poi, con l’avvento del Fascismo, nella descrizione di una Larino dove proprio il Fascismo ma anche la Massoneria, e naturalmente la presenza della sede di una storica diocesi, scandiranno i tempi della società civile.
Ma prima di addentrarci in queste storie, ed in particolare, lo vedremo presto nella vita del giovane tenente Antonio Cristinziani e la sua esperienza bellica nella Spagna in guerra e le sue memorabili battaglie che gli valsero medaglie e riconoscimenti, forse più in Spagna che in Italia, Berardo oggi ci propone anche per gli amici di Montorio nei Frentani, da dove peraltro proveniva la famiglia dei Cristinziani, la commemorazione funebre del padre di Antonio, l’avvocato Luigi Cristinziani fatta dal commendatore Zappone nel tribunale di Larino nel corso di un’udienza pubblica del 27 luglio 1916.
Una commemorazione fine ed altamente poetica per certi versi, dove pure spiccano le note caratteriali di un uomo che pur non essendo stato ‘un fenomeno da ragazzo’ seppe, una volta giunto a Larino distinguersi in quello che fece e nei ruoli che ricoprì, riuscendo, cosa non fatta da altri come lo stesso Zappone, a comprare casa a Larino e qui formarvi la propria famiglia.
Ecco il testo originale, conservato gelosamente dall’amico Berardo che ci ha concesso di leggerlo e fotografarlo.
“In dritto di natura non spettava a me di commemorare l’amico estinto, ma sarebbe spettato a lui di fare la mia commemorazione stantachè egli per età poteva essere mio figlio e per affezione costante e sincera era per me due volte tale. Luigi Cristinziani è nato a Montorio nei Frentani 47 orsono da famiglia agiata e civile e non è stato un ragazzo fenomeno durante gli anni della fanciullezza e della adolescenza, ma diventato adulto e recatosi a Larino per intraprendere l’esercizio professionale, si è subito distinto per aspetto simpatico, per modi signorili, per estesa e solida istruzione e per carattere vivace ed aperto, di guisa che in lieve tempo ha saputo conquistare l’amicizia dei colleghi, la stima dei magistrati e la fiducia dei clienti.
In poco tempo si era innalzato fra i giovani più valorosi del nostro foro, e se la natura fosse stata meno matrigna sarebbe giunto molto in alto nella scala sociale. Era di temperamento vivace, ma sempre serio e corretto. La facilità della parola e la prontezza dell’ingegno gli davano campo di emergere in tutte le assemblee, sia che si discettasse di politica o di amministrazione e sia che si trattasse di questioni forensi.
Tutti sanno che egli ebbe non poca parte negli scioperi coi quali la curia nello scorso anno ha protesto contro l’abbandono in cui il Governo lasciava questo TRIBUNALE.
PRESCELTO a membro della Giunta Provinciale Amministrativa ha saputo distinguersi per assiduità alle tornate, per imparzialità di giudizio e per correttezza di criteri, rifulgendo per equanimità ed indipendenza. Più tardi è stato nominato Vice Pretore Mandamentale ed esercitando la carica in assenza del titolare, ha saputo condursi in modo da soddisfare l’esigenza della più scrupolosa giustizia con l’ammirazione dei colleghi e dei superiori.
Caratteristica speciale era la prontezza delle risoluzioni e la tenacia con cui le traduceva in atto. Presago forse della brevità della sua vita, volle per tempo creare una famiglia a sé, ed a questo scopo è riuscito ad acquistare in città una bella casa, ciò che nessuno di noi che demorevamo in Larino tanto tempo prima di lui era riuscito ad ottenere: provveduta la casa, ha saputo del maggior rigoglio“.
E poi la nota finale sulla sua morte: “Tutti dobbiamo morire, ma la morte, sia che avvenga sul campo di battaglia o nel proprio letto, sia che si trovi glorificata dall’entusiasmo nazionale o confortata dal solo pianto dei congiunti, è sempre e ripugnante e dolorosa, tanto più quando non matura è l’età e più copiosi sono i legami che riattaccano il defunto alla vita. Erra quindi il poeta che scrisse:” Muor giovane colui che al cielo è caro”. Più erra l’altro che ha cantato: “Due cose belle ha il mondo, amore e morte” . Nessuno ha spiegato come possa conciliarsi la bellezza che è l’attributo della vita colta e la morte che segna la cessazione della stessa. Vero è che la speranza, ultima dea, potrà moleare l’anima tranciata di chi sta per chiudere gli occhi al sonno di morte con la lusinga di non essere dimenticato dai superstiti. E se questa speranza ha alitato nel momento supremo anche nel pensiero del nostro compianto amico, può dirsi che il suo desiderio è stato appagato, perché la sua anima e il ricordo delle sue virtù rimarranno perenni non solo nel cuore della giovine vedova, dei suoi figli e dei suoi germani, ma anche in quello di tutti i colleghi ed amici“.