LARINO. Ci vorrà ancora del tempo per dare un nome al corpo dell’uomo rinvenuto carbonizzato all’interno del chiosco di Pozzo Dolce di Termoli distrutto dalle fiamme sviluppatesi in quella zona del centro costiero alle spalle della chiesa di Sant’Antonio. Intanto, per ben cinque ore, ieri, si sono svolti gli esami irripetibili che la Procura di Larino, la procuratrice Elvira Antonelli ha affidato all’equipe multidisciplare guidata dal professore Cristian D’Ovidio dell’Università degli studi di Chieti.
Da questi sarebbe emerso che la causa della morte sia stata l’asfissia da fumo. Oltre all’esame autoptico sono stati eseguiti anche i prelievi di tessuto per estrarne il dna che sarà utile alle indagini per effettuare la comparazione con i parenti dell’uomo quando gli stessi saranno rintracciati. Sì, perché se è vero che la Procura avrebbe individuato le possibili generalità di quell’uomo deceduto d’altra parte vista la possibile nazionalità estera, ha dato mandato all’Iterpol di effettuare la ricerca dei parenti a cui dovrà essere data la notizia del decesso.
La salma dell’uomo, del possibile 30enne di nazionalità rumena come ormai da qualche giorno è emerso, ma ribadiamo la Procura non ha mai fornito tali dati, resta a disposizione della magistratura requirente nella cella frigorifero dell’obitorio del San Timoteo dove è stata ricollocata dopo l’esame autoptico eseguito ieri.
La procuratrice Antonelli, al telefono, ha chiaramente fatto capire che le indagini per accertare le eventuali responsabilità sulla morte del senzatetto sono ampie e condotte su più fronti, a cominciare proprio dagli ambienti solitamente frequentati dai senza fissa dimora e che gli uomini della squadra mobile avrebbero già sentito diverse persone. Da queste avrebbero appreso dell’assenza di un clochard, che era solito ricevere i pasti alla mensa dei poveri, di nazionalità rumena. Assenza, ma potrebbe essere solo una coincidenza, proprio dalla data del rogo di Pozzo Dolce.