LARINO. Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un paziente che tra qualche giorno sarà dimesso dalla riabilitazione post Covid del Vietri, Emo Pastò che ringraziando tutto il personale, dopo aver ricostruito il motivo del suo ricovero a Larino definisce il reparto, tra le altre cose, “come un’isola dove si respira un’aria lontana mille miglia dalla fredda, pesante, scostante atmosfera tipica degli altri ospedali.Un luogo dove ci si sente subito a proprio agio e si percepisce immediatamente la sensazione di essere ben accolti”.
Di seguito la sua testimonianza.
Su consiglio e iniziativa di mio fratello Sergio, medico, dopo le dimissioni dalla clinica “Villa Maria” di Campobasso, sono approdato il 13 giugno 2023 al secondo reparto di riabilitazione dell’ospedale “Vietri” di Larino. Il ricovero, necessario anche per proseguire le cure delle mie croniche patologie, ha mirato a farmi riacquistare, almeno in parte, l’autonomia di movimento, che i miei malanni e i lunghi mesi passati in un letto d’ospedale hanno reso difficile e precaria.
Prima di “Villa Maria”, avevo trascorso 2 settimane in isolamento nel reparto covid del “Cardarelli” di Campobasso. In quel luogo, il termine isolamento non può essere inteso nel suo corrente significato ma, piuttosto, in quello di abbandono, stato in cui i malcapitati pazienti vengono a ritrovarsi.
S’è trattata di un’esperienza traumatica che ha generato in me un’iniziale diffidenza verso tutte le strutture pubbliche che fanno capo all’Asl molisana, compresa quella di Larino.
Ma era un pregiudizio del tutto infondato, che, presto, è scomparso quando ho preso contatto, nella struttura in cui oggi mi trovo, con coloro che vi lavorano.
Dedizione, capacità, cortesia, grande disponibilità ad aiutare e ascoltare chi è in difficoltà sono i caratteri distintivi del team di operatori che qui svolgono la loro attività professionale.
Si tratta di un gruppo competente, capace e premuroso che ti abbraccia e ti fa sentire parte di sé. Queste persone si distinguono per la tolleranza e la pazienza con cui reagiscono alle comprensibili reazioni nervose dei pazienti, tormentati dal male di cui soffrono, e che, qualche volta, hanno caratterizzato anche miei ruvidi comportamenti di cui faccio ammenda e mi scuso.
Sono trattato come un parente di ognuno di loro e mi sento come se fossi a casa mia. Nell’ambiente che esiste qui, ho trovato quel sostegno morale, di cui chi è in condizioni di fragilità ha bisogno, per affrontare serenamente tutte le terapie necessarie. Mi è tornata la fiducia nel prossimo. In questa isola, in cui si respira un’aria lontana mille miglia dalla fredda, pesante, scostante atmosfera tipica degli altri ospedali, ci si sente subito a proprio agio e si percepisce immediatamente la sensazione di essere ben accolti.
Il reparto, nonostante l’evidente limitatezza di mezzi finanziari in esso investiti, ottiene risultati di pregio e dovrebbe essere trattato con maggiore attenzione e riguardo da chi detiene i cordoni della borsa. Le persone che vorrei ringraziare e qui nominare sono tante e tutte egualmente meritevoli. Non posso però sottrarmi dal ricordarne qualcuna con cui ho avuto un rapporto personale più intenso e frequente.
Marina, una donna, che ha un approccio con la gente semplice ed elegante, dal carattere tollerante, capace ed efficiente; una così brava terapista è difficile trovarla; ha contribuito in modo decisivo a rimettermi in piedi e al mondo; Angela, una creatura estremamente sensibile e buona, infermiera competente e coscienziosa sempre pronta a intervenire per aiutarmi;
Maria Teresa, una dolce ragazza, pronta in ogni momento a darmi una mano, con una personalità bella e un’anima candida che sa di pulito; Veronica, un’attraente giovane madre, frizzante come lo spumante, che si cura delle mie necessità personali con raro impegno e allegria; Iole, una persona premurosa e gentile che subito accorre quando mi serve qualcosa; Riccardo, un giovane che sprizza gioia di vivere da tutti i pori, affabile e spiritoso, sempre disponibile e sereno nel venirmi incontro.
Sarei grato alla sorte se queste persone fossero figli miei.
Ringrazio tutti coloro che nel reparto, senza alcuna eccezione, per quanto hanno fatto e stanno facendo per me, compresi gli altri ricoverati con cui condivido questi giorni in solidale amicizia e che spero di poter rincontrare in avvenire. Fra qualche giorno sarò dimesso, ma non sarò così impaziente di lasciare l’ospedale e di tornare a casa come è accaduto altre volte in passato”.