MONTENERO DI BISACCIA. Si è tenuto ieri mattina presso la Sala Consiliare in Piazza della Libertà, l’incontro dedicato agli studenti dell’Istituto Omnicomprensivo di Montenero di Bisaccia, intitolato: “1799, un anno difficile – Le insorgenze popolari nel Centro-Sud Italia e i martiri per la libertà, precursori del Risorgimento”.
L’evento, promosso dal Comune di Montenero di Bisaccia e dalla Pro Loco Frentana, è stato introdotto dai saluti istituzionali del Vicesindaco Andrea Cardinali e della consigliera con delega alla Cultura, Cabiria Calgione, e ha visto gli interventi della professoressa Maria Teresa Bracone e dello storico lancianese Mario Salvitti.
La professoressa Bracone ha illustrato ai giovani studenti la complessità delle vicende storiche di quegli anni, la diffusione degli ideali della rivoluzione francese di libertà, uguaglianza e fraternità, gli scontri fra fautori della Repubblica Napoletana e le grandi masse popolari, che segnarono una svolta radicale nella storia del Sud Italia.
“La comunità montenerese – ha detto tra le altre cose la professoressa Bracone – che all’epoca non contava più di 2.500 anime, era feudo dei D’Avalos, risultava un paese povero, martoriato da carestie ricorrenti dovute a cattivi raccolti a causa delle ondate di gelo, da indigenza e diseguaglianze sociali, e fu scossa dai fatti del 1799.
Anche Montenero e i paesi limitrofi non rimasero indifferenti a quanto accadeva: sperimentarono rivolte, sommosse, eccidi, insurrezioni, persecuzioni e sofferenza; e proprio a Montenero fomentatori e rivoluzionari furono i fratelli Palombo, intellettuali, dottori in fisica.
Sempre a Montenero fu piantato l’Albero della Libertà a Largo Portella, fu proclamata la Repubblica e istituita la Municipalità. Tutto comunque finì tragicamente: alle rivolte seguirono repressioni, eccidi, condanne a morte. Gli stessi fratelli Palombo, accaniti rivoluzionari, vennero e condotti nelle carceri di Lucera per poi essere condannati.
Indubbiamente – la conclusione della Bracone – i fatti del 1799 a Montenero di Bisaccia e i tragici momenti generati, furono una tappa importante della storia del nostro paese, una storia che le nuove generazioni devono conoscere per comprendere e leggere il presente”.
Subito dopo è intervenuto lo storico Mario Salvitti, il quale ha iniziato il suo intervento parlando del 1789, e della suddivisione della popolazione francese in tre classi: la nobiltà, che viveva nel lusso e nel divertimento, il clero, che viveva di privilegi, e poi c’era il popolo, che moriva di fame. Il cosiddetto Terzo Stato era composto da borghesi, artigiani e contadini.
“La presa della Bastiglia – ha continuato Salvitti – fu simbolo dei soprusi della monarchia e segnò il culmine della rivoluzione delle masse popolari.
In Italia ci furono i cosiddetti Giacobini, che erano una minoranza di intellettuali distaccata dai ceti bassi; essi assimilarono le idee della rivoluzione francese di libertà, uguaglianza e fraternità. i Francesi vennero anche in diverse località molisane, come a Montenero”.
Salvitti ha proseguito il suo intervento parlando dell’Albero della Libertà, che fu presente in ogni piazza conquistata dai Francesi, illustrando poi, con l’ausilio di alcune immagini, le caratteristiche di fasce sociali come la Plebe, e il Clero: “La Plebe – ha affermato Salvitti – diventò subito ostile ai Giacobini: siamo in presenza di una lotta di classe, fatta di poveri (i lazzari, il sottoproletariato) contro i ricchi. Essa era fedele all’Altare e alla Corona (Ferdinando IV, fuggito in Sicilia, promulgò il suo famoso Proclama per richiamare le masse alla difesa del Regno).
Il Clero era, per una parte, di sentimento antifrancese (invettive dai pulpiti, suono di campane, Te Deum) e aizzava il popolo; un’altra parte della Chiesa, invece, condivideva le idee filofrancesi.