LARINO. Augurando a tutti i lettori felici vacanze, l’artista larinese Adolfo Stinziani, nel suo nuovo intervento, prima di parlarci del Palazzo Ducale di Larino, ‘attacca’ la politica locale e regionale che, a suo dire, poco starebbe facendo perché Larino possa avere finalmente il suo Museo. Anche dalle nostre colonne rinnova il suo invito a visitare la città culla di straordinarie opere storico-archeologiche.
Stinziani scrive: “La recente comunicazione del primo cittadino di concerto con la Soprintendenza, se veritiera, andrebbe comunicata ai cittadini larinesi, che sono stati accusati da un noto politico di essere “lo scempio” della situazione assurda e di vecchia data che riguarda l’apertura del Museo Frentano in Villa Zappone.
Al momento pare sia stato firmato un accordo per valorizzare alcuni siti (primopianomolise.it, articolo del 7 agosto 2021), e, da quello che ho letto, solo per alcuni Comuni, tra cui quello di Pietrabbondante. Un altro articolo del 10 agosto riporta la Valorizzazione 2021, da parte della Direzione regionale Musei Molise, escludendo il Parco Archeologico di Villa Zappone.
Selvaggia Lucarelli continua la sua opera di valorizzazione della nostra terra e: no comment!
Anzi lodevole iniziativa, Cotugno potrebbe far di meglio? Pare ci abbia provato con un sito istituzionale per la promozione turistica, ma che si è rivelato un “vergognoso flop”, i pochi visitatori lo confermano.
Nel dépliant a cura del MIBAC intitolato “I luoghi della cultura del Molise” non compare il sito archeologico di Larino, è stato distribuito gratuitamente dal museo sannitico di Campobasso e privilegia l’Alto Molise.
Credo che “lo scempio” da parte delle nostre istituzioni e dei “buoni politici” possa bastare e supera quello che si è attribuito ai larinesi, questo è un mio pensiero, ovviamente, i confronti sono sempre graditi e auspicabili.
Intanto continuano le segnalazioni, oltre l’impegno di Comitati e semplici cittadini che reclamano legittimamente la giusta valorizzazione dei nostri siti archeologici, nonché la tanto desiderata, dibattuta ma forse poco combattuta, dagli “addetti ai lavori”, apertura del Museo Frentano in Villa Zappone. Personalmente cerco di portare avanti questa “battaglia contro i mulini a vento” che non manca di episodi anche divertenti, della serie:
Bene o male, basta che se ne parli!
Per cui qualche giorno fa ho fotografato e fatto pubblicare il cartello (barzelletta del turismo culturale) attaccato al cancello principale di Villa Zappone che recita:
ACCESSO CONSENTITO SOLO SE IN POSSESSO DI GRENN PASS. (Larino. A Villa Zappone si entra solo con il ‘Grenn Pass’.
Mi corre l’obbligo sottolineare che nessuna Amministrazione ha sollecitato veramente l’apertura del nostro museo, che potrebbe essere un degno volano per lo sviluppo di un turismo culturale di alto livello. L’attuale sindaco riferisce in questi giorni, che di concerto con la Soprintendenza sta lavorando affinché Larino abbia il suo museo con i suoi reperti, ora conservati nel Museo Sannitico. L’“amara” sorpresa è che il progetto prevede non come sede Villa Zappone, bensì il villino Calvitti che è stato costruito su un ambulacro dell’Anfiteatro e che è stato, diversi anni fa, anche sede degli uffici della Soprintendenza.
Ragionando in maniera molto pratica faccio notare che questo edificio, è stato sì messo in piena sicurezza dopo gli ultimi eventi sismici, come mi è stato riferito ma bisogna ancora predisporlo alla funzionalità, e non è poco!
Tra l’altro il villino si compone al piano terra di un piccolo magazzino, da due piani di 60 mq con stanzette non credo idonee alla fruizione ideale dei visitatori. Basterebbe leggere un testo di museotecnica per capire che è un progetto ambizioso e poco conforme a quello che si definisce “museo” e, forse, mi permetto di aggiungere, il “contentino” per i larinesi che da decenni reclamano il loro museo. E aggiungo, senza alcun dubbio, che mai potrà essere il contenitore del nostro immenso patrimonio archeologico conservato al museo provinciale.
Tuttavia adesso preferisco parlarvi del Palazzo Ducale di Larino, quello che fu un Castello, che oltre ad essere da secoli il cuore pulsante della Città Frentana è sede del Municipio e di tante Amministrazioni che si sono susseguite, che forse non si sono occupate a tutt’oggi in maniera fattiva per operare affinché Larino si riappropri della propria identità storico-artistica e culturale unica che molti ci invidiano.
Questo articolo sarà alquanto breve e mirato solo a parteciparvi solo alcune peculiarità del Palazzo Ducale, anche perché occorrerebbero tempo e scritti in vari volumi per descriverlo, ma non escludo di parlarne nei miei prossimi articoli.
Quando iniziai a studiare per un esame di Storia dell’Arte Antica romana, tra i testi era compreso “Roma. L’arte romana nel centro del potere” di R.B.Biandinelli, un’edizione nella versione italiana della francese datata 1969, con mio stupore e motivo di orgoglio, vidi a pag. 7 la foto del “Lupercale”, mosaico, e la nota: Larino (Larinum). I pastori scoprono la lupa e i gemelli. Larino, Municipio.
Il mosaico si conserva nel Museo Civico che ha sede nel Palazzo Ducale, qui sono presenti in altre sale altri preziosi mosaici, provenienti dai siti archeologici dell’antica Larinum.
Possiamo decisamente affermare che un piccolo museo archeologico lo possediamo, sono tanti i reperti che qui si conservano (anfore, fregi architettonici, epigrafi commemorative e funebri, oggetti di uso personale degli antichi larinati, corredi rinvenuti nelle tombe….), molto interessante anche una sala con le riproduzioni in scala maggiore di alcune monete della zecca di Larino;
certo è un’infinitesima parte di tutto ciò che si conserva nel Museo provinciale e che, a buon diritto, potrebbe tornare a Larino, preparando un allestimento degno e in sicurezza in Villa Zappone, prescelta come sede ideale, considerando che la stessa sorge su un sito archeologico di notevole importanza, per la presenza dell’Anfiteatro Flavio e di altri resti di edifici e mosaici che appartenevano alle terme.
Il Palazzo Ducale è quasi sommerso di testimonianze dell’antica Larinum, oltre che nel museo civico, sono tante le epigrafi che impreziosiscono le pareti della corte del Palazzo e dello scalone dell’ingresso principale, che di recente sono state corredate dal Rotary Club da targhette esplicative, un percorso esaustivo che testimonia la grandezza del Municipio romano, che rende noti i nomi delle antiche famiglie larinesi e anche qualche curiosità che vi invito a scoprire.
Il Palazzo Ducale riserva tante sorprese, tra queste, sul terrazzo da cui si possono ammirare il duomo, la Chiesa di San Francesco e la Torre Galuppi, un’antica maiolica della metà del 1700 con una invocazione (vi invito a leggere il mio articolo “Alcune testimonianze “minori” di fede a Larino, pubblicato di recente su alcune testate giornalistiche regionali).
Il Palazzo che sorge su un colle tufaceo, raggiunge una quota pari a quella della torre campanaria del duomo, quindi esposto a intemperie, molto probabilmente questo è il motivo della presenza sul terrazzo della maiolica con invocazione scritta, senza alcuna illustrazione, in cui si pregano per difendersi dai fulmini Dio, Cristo e tutti i Santi.
Entrando dall’ingresso principale del Palazzo non passa inosservato l’oculo sopra il portone che reca inciso nel legno l’insegna della città, un’ala che contraddistingue da sempre Larino come la stessa pianta del borgo medievale, da cui sicuramente ha origini. Sulla parete destra dell’accesso, facciata meridionale, un altro reperto archeologico testimonia la grandezza di Larino, quale Municipio romano che comunque mantenne quasi inalterata la sua indipendenza, si tratta di un orologio solare donato al Municipio nel 1981 dal Cav. Luigi De Blasiis.
L’antico manufatto fu rinvenuto di fronte l’Anfiteatro nel 1875 tra i ruderi delle terme, come ricorda il Magliano, e qui incastonato nel 1892 col sostegno di due mensole, anch’esse rinvenute nelle terme.
Una lastra marmorea riporta l’iscrizione latina che nel testo tradotto conclude: “con il consenso del padrone (Luigi De Blasiis) qui pose”, dettata da don Domenico Bucci. Una sera di febbraio, a distanza di un secolo dalla sua posa, un vento impetuoso stacca la lastra marmorea dal muro che cadendo si riduce irreparabilmente in mille pezzi. I frammenti furono raccolti e depositate nel museo civico, erano presenti la sera dell’infausto incidente il prof. Luigi Caprice, il sagrestano della cattedrale, Vincenzo Gabriele, l’arch. G. Mammarella e l’ing. Giancarlo Raimondo, questi ultimi rispettivamente presidente e segretario dell’Archeoclub d’Italia.
Dopo aver accertato che la lastra non poteva essere ricomposta si decise di ordinarne una nuova al laboratorio locale di Barbusci, ma realizzata con lo stesso marmo bianco venato-grigio e con le antiche tecniche di incisione. Lo stemma della città di Larino dell’oculo è replicato in pietra e in stile barocco nell’atrio del Palazzo, in cima all’arco che porta al piano superiore, e qui, sull’architrave della Sala Consiliare compare lo stemma delle famiglie De Sangro – Carafa.
L’edificio molto prima di questi feudatari appartenne a un fiduciario del Ducato di Benevento, poi ai vassalli della Contea normanna dei Loritello, ma furono i De Sangro gli ultimi feudatari di Larino che trasformarono il Castello in palazzo residenziale. L’originaria struttura di fortezza era dotata di una piccola e di una grande torre che si conservò fino alla metà del ‘600, successivamente fu aggiunta una rampa carrabile, che partiva dalla chiesa di Santo Stefano e raggiungeva il cortile interno. Nell’800 il nobile palazzo venne definitivamente acquistato dal Comune e fu abbattuta la rampa seicentesca. L’edificio attuale ha una pianta a forma quadrata, con una torre angolare a tre facciate, dopo aver salito lo scalone dell’accesso principale si arriva nella splendida corte, un atrio con portici, loggiato e con grandi archi a tutto sesto.
L’attuale facciata meridionale su Piazza Vittorio Emanuele deriva da un progetto del 1888 dell’ing. Enrico Vetta che prevedeva anche un lucernaio con orologio non più realizzato.
Da un colloquio informale avuto in questi giorni con l’amico Nicola Vitale, che ho conosciuto a Termoli negli anni 90 in veste di assessore, quando lì c’era la sezione archeologica della Soprintendenza, abbiamo constatato quanto sia cambiato il settore dei beni culturali, il MIBAC necessita di personale, soprattutto tecnico. Lui personalmente prima della quiescenza ha lasciato le basi per completare i lavori in Villa Zappone, Villino Calvitti e tutta l’area del parco archeologico e anche un progetto illuminotecnico.
Ha lavorato anche ai restauri del Palazzo Ducale con altri valenti collaboratori, dopo il sisma (2002): lavori di messa in sicurezza, interventi sulla facciata del Palazzo, sistemazione della pavimentazione dell’atrio, con i fondi del MIBAC, prontamente impiegati. In particolare nello scialbo del prospetto dell’ingresso principale si ritrovarono con indagini stratigrafiche gli intonaci a finto marmo, che adesso sono stati riproposti nella originaria decorazione a bande orizzontali (alcuni lacerti originali sono ancora conservati). In occasione di questi lavori di messa in sicurezza e restauro venne alla luce il magnifico affresco barocco della Sala del Teatrino, coperto da una controsoffittatura costruita durante il fascismo.
I lavori a Larino sono stati oggetto di pubblicazioni scientifiche e sono stati le linee guida per la ricostruzione post sisma negli edifici di pregio artistico e di culto in tutta la regione.
Nicola mi ha riferito con franchezza che il problema sta soprattutto nella mancanza di personale, un tempo si poteva garantire la fruizione delle aree del parco archeologico, in organico c’erano ben cinque custodi, di cui uno con fissa dimora in un piano del villino Calvitti, negli altri piani c’erano gli uffici con personale tecnico, amministrativo, disegnatori e capotecnici.
Per fare il punto della situazione a me sembra che sia venuto a mancare quello che è stato lo spirito giusto e il cuore della Soprintendenza in Molise, oltre il personale, che in effetti è un vero handicap, ma questo è dipeso anche dal MIBAC che non ha pubblicato bandi da decenni.
Ma su tutto vedo che aleggia anche una sorta di lassismo da parte degli stessi molisani, un atteggiamento che ricalca l’atavico adagio “mo v’dem……. chemma fa….” .
Come riferivo all’inizio il Palazzo Ducale è stato da sempre il cuore pulsante della città di Larino, tanto da ospitare le scuole medie e ancor prima il tribunale e perfino un albergo, oltre a qualche bottega al piano terra e, in un mio gradito ricordo, in un ingresso in disuso una vetrina con le locandine degli spettacoli del Cinema Teatro Risorgimento.
Non nego il mio sviscerato amore per Larino, e come potrei, di certo non è campanilismo tout-court; la nostra città è uno scrigno di tesori che continuano a sorprenderci, tanti sono ancora da scoprire ma purtroppo moltissimi ci sono interdetti, il mio riferimento è ben chiaro a tutti, anche a chi continua a vedere le chimere in questa situazione assurda che finirà solo e solo con una pragmatica soluzione, ma tentiamo ogni arma prima di abbandonare inesorabilmente il campo di battaglia.
Vi saluto con alcuni versi di una mia poesia e rinnovo a tutti i lettori l’augurio di felici vacanze.
Larino mia messa in croce, senza più voce e tradita.
Larino calpestata, cenere di un mondo ormai combusto.
Anima dolce dei larinesi, tra le stelle.
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Dal nobile incarnato, dal sudore speziato.
Solenne e fiera, devota e festosa nei lunghi giorni di maggio.
Sono nato qui e solo qui respiro.
Sempre torno alla mia amata terra, alle sue colline
e all’orizzonte infinito col suo mare.
Come un acquazzone il silenzio
ha inondato il tuo glorioso passato.
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Sorridimi in questa quiete che sa di te, di amore,
di sensuali tigli, dai quali scende silenziosa la polvere
dei tuoi fiori odorosi.
Staccati da quella croce.
Nulla rinasce se non muore.
Ed io che guardo nient’altro che il tuo corpo assopito,
ti chiedo:
Svegliati, svegliati, svegliaci.
“Larino mia” di A. Stinziani, in Antologia Poetica “Percorsi”,
Palladino Editore, Ripalimosani, aprile 2021
Questa poesia mi ha ispirato un’opera d’arte visiva, una stele in marmo con incisi i versi del mio componimento poetico.
E’ stata realizzata dall’amica scultrice Valeria Vitulli.
Questa Stele è stata donata al Comune di Larino ed è affissa nel Palazzo Ducale della Città Frentana”.
Adolfo Stinziani