di Giuseppe Mammarella
Con una circolare dell’11 giugno 1831, il Ministro degli Affari Interni del Regno delle Due Sicilie, rese nota l’esigenza di istituire un ospedale in ogni distretto; ed il 14 gennaio successivo, il Re Ferdinando II emanò un Decreto prescrivente anche per la “Provincia di Molise” lo stabilimento di tre nosocomi.
Dall’interessante documento, emesso in considerazione del fatto che l’intero territorio molisano era privo di strutture pubbliche per la cura degli ammalati poveri, si rileva testualmente: “Saranno stabiliti tre ospedali per accogliervi gl’infermi de’ rispettivi distretti, uno in Campobasso, un altro in Isernia, ed un altro in Larino. Ciascuno di essi avrà la dotazione di annui ducati milleventidue e grana quaranta per lo mantenimento di dieci piazze, che saranno prelevate sugli avanzi de’ luoghi pii, giusta la proposizione del Consiglio degli ospizi”.
In una missiva del 23 luglio seguente, l’Intendente di Campobasso informava il Ministro degli Affari Interni, che nei tre distretti molisani non vi era “alcuno ospedale in attività” e, quindi, in caso di necessità, i poveri venivano curati presso le loro dimore. In quella stessa nota veniva posto in evidenza che, per Campobasso era stato possibile affidare ad un tecnico l’incarico di predisporre un progetto, mentre per Isernia e per Larino rimaneva sempre più difficile reperire locali idonei.
In quell’epoca esisteva un ospedale a Venafro; la città, però, era ancora di pertinenza della “Terra di Lavoro”. Con il noto Decreto luogotenenziale del 17 febbraio 1861, Benevento venne elevata a capoluogo di provincia, ragion per cui, i territori di quelle finitime, furono ridimensionati; il Molise, in quell’occasione, dovette cedere – per la “causa beneventana” – ben quindici comuni, ricevendone in cambio soltanto tredici (numero ridotto a dodici, già nel 1878, per la reintegrazione di Presenzano nella zona originaria), tra cui Venafro. L’ospedale del “SS. Rosario”, denominazione tuttora esistente per l’attuale presidio sanitario venafrano, assorbì, nel 1672, altri tre piccoli luoghi di cura esistenti in città e gestiti, come per il “SS. Rosario”, dalle Confraternite locali dell’Annunziata, di Sant’Antonio e di San Nicola. Nei primi anni dell’Ottocento, il “SS. Rosario” fu trasferito, su iniziativa del suo benemerito amministratore Nicola Pilla, da un luogo ritenuto poco idoneo per i bisogni degl’infermi all’ex Convento degli Alcantarini. Nel 1816 il Governo approvò il regolamento compilato dal Pilla alcuni anni prima segnalandolo, nello stesso tempo, come modello e norma per gli altri nosocomi del Regno. L’istituto, il cui patrimonio era costituito dai beni della Confraternita del SS. Rosario aumentato poi dai contributi di altri Pii Sodalizi e da altri legati concessi in suo favore nel corso degli anni, fu gestito dalla locale Congregazione della Carità a cui apparteneva anche la predetta organizzazione religiosa del SS. Rosario. A tali redditi si aggiunsero, nel 1886, parte di quelli derivanti dalla vendita di una grandiosa tenuta posta in territorio di Ciorlano che il Re Umberto I volle destinargli. Nel periodo precedente al primo conflitto mondiale, l’ospedale di Venafro, destinato a curare gratuitamente gli infermi poveri nati e residenti in città ed a pagamento quelli meno bisognosi e dimoranti altrove, conteneva quaranta posti letto e disponeva di una cappella, di una sala anatomica e di un giardino.
L’ospedale circondariale di Campobasso, a differenza degli altri due previsti ad Isernia ed a Larino, riuscì ad aprire i battenti nella primavera del 1845, in un nuovo edificio costruito sull’area in cui sorgeva il Convento Francescano degli Osservanti di Santa Maria delle Grazie. Il Consiglio degli Ospizi assegnò al nosocomio di Campobasso, scelto per accogliere inizialmente gl’infermi poveri di tutta la “Provincia di Molise”, l’intera dotazione stabilita pure per quelli destinati a sorgere nei restanti due capoluoghi di distretto. Dopo il primo decennio del Novecento, la sua capienza non andò oltre i ventidue posti letto. Successivamente fu intitolato ad Antonio Cardarelli, illustre Docente di clinica medica all’Università di Napoli, nato a Civitanova del Sannio nel 1831 e morto a Napoli nel 1927.
Nel 1886, l’ospedale circondariale fu istituito anche ad Isernia, nei locali dell’ex Convento dei Cappuccini, con una imponente cerimonia svolta il 14 marzo di quell’anno, in occasione del genetliaco del Re Umberto I. All’assistenza degl’infermi provvidero subito le “Figlie della Carità” di San Vincenzo de’ Paoli che impiantarono nello stesso edificio, un asilo infantile. Al nosocomio isernino fu subito aggregato il “Monte Frumentario Malizia”, sorto nella città pentra, circa sessant’anni prima, per volere del ricco possidente di Bojano, Gaetano Malizia. In una relazione a stampa del 1903, Eutimio Maselli, Vicepresidente dell’Ordine dei sanitari di Campobasso, descrisse con cura le condizioni dell’ospedale d’Isernia, sottolineando che, all’epoca, il numero dei letti ammontava ad “una quindicina in tutto”. Nel 1967 fu intitolato a Ferdinando Veneziale, noto Maestro di diritto e Personaggio di alta statura morale, nato a Longano nel 1887 e scomparso a Napoli nel 1946.
Pure a Larino si riuscì ad inaugurare l’ospedale circondariale il 19 marzo 1896, anche se con soli sei posti letto, in un edificio situato in via Raone, nel cuore del centro storico cittadino. Giuseppe Vietri, nato a Larino nel 1825 e scomparso nella stessa città nel 1882, il cui nome è legato, fin dalle origini, al nosocomio larinese, con testamento olografo del 25 maggio 1879, destinò i suoi beni per la fondazione di un ospedale nella città frentana. Se non fossero sorte tante difficoltà che ostacolarono per oltre un decennio l’attuazione della volontà del Vietri, l’apertura dell’istituto sarebbe avvenuta sul finire del 1886. Nei primi lustri del Novecento i posti letto aumentarono a venti e per rispondere alle esigenze degli infermi spesso, questo numero, venne abbondantemente superato. Nel 1927 erano già iniziati, lungo l’attuale via mons. Balduino, i lavori per la realizzazione di un nuovo edificio progettato, prima del 1916, da Raffaele Battista; la costruzione dell’opera, però, venne improvvisamente sospesa e mai più ripresa in quel posto. Lì, sul finire degli anni Trenta, sorse l’imponente nuovo seminario diocesano. Il 24 novembre del 1956, con una solenne cerimonia, fu inaugurata la “nuova” sede posta tra Via Marra e Corso Magliano dove iniziarono a funzionare reparti d’eccezione.
Il 30 settembre 1951 venne inaugurato un ospedale anche a Termoli ed intitolato a San Timoteo, il Discepolo prediletto dell’Apostolo Paolo, le cui spoglie mortali, occultate con cura nel 1239 in un angolo remoto del duomo termolese, furono rinvenute casualmente nel 1945. Prima di quella data, nella città adriatica funzionava un cosiddetto “ospedaletto” dove, in solo poche stanze poste all’incrocio tra corso Umberto e via F.lli Brigida, due medici, Giulio Recchia e Alfredo D’Andrea, con mezzi di fortuna, affrontavano urgenze di ogni tipo. Al “San Timoteo”, nel 1954, fu attivato il reparto di medicina e subito dopo anche quello di pediatria; negli anni Sessanta, invece, vennero istituiti prima il laboratorio analisi e poi il servizio di radiologia, cui si aggiunse, nel febbraio del 1968, anche il reparto di ostetricia.
Nel giugno del 1952, infine, fu aperto un ospedale pure ad Agnone, con cinquantadue posti letto. Vi funzionarono subito la chirurgia, con il gabinetto di radiologia e quello di analisi. L’esigenza di costruire un nosocomio nella città alto-molisana era stata avvertita tanto tempo prima, ragion per cui, il benemerito agnonese Felice Andrea Sabelli, nel 1877 lasciò, alla locale Congrega della Carità, i fondi necessari per coronare le aspettative di quella popolazione. Vari contrasti sorti in loco, però, ne impedirono la realizzazione. In seguito, altri tre munifici donatori, Gaetano Piccione insieme a Raffaele ed Antonina Sammartino, misero a disposizione il suolo. Nonostante ciò, si dovette attendere il 1937 per dare inizio ai lavori, sospesi, però, poco tempo dopo, anche per il sopraggiungere della guerra. Essi furono ripresi soltanto nel 1947, grazie ad una cospicua somma erogata in seguito ad un provvidenziale incontro che Remo Sammartino ebbe con il Ministro dei LL. PP. Umberto Tupini. Due anni dopo, sempre per il lodevole impegno di Remo Sammartino, eletto Deputato al Parlamento per la prima volta nel 1948, arrivarono altri fondi pubblici, a cui si aggiunsero quelli di tanti agnonesi emigrati oltre Oceano, che contribuirono all’acquisto delle necessarie attrezzature. L’ospedale di Agnone, successivamente, fu intitolato al fondatore dei Chierici Regolari Minori, San Francesco (al secolo Ascanio) Caracciolo, nato a Villa Santa Maria (Chieti) nel 1563 e morto in Agnone nel 1608. Il Santo, che svolse buona parte della sua vita in favore degli ammalati, specie presso l’ospedale napoletano degli Incurabili, fu beatificato da Clemente XIV nel 1770 e canonizzato da Pio VII nel 1807.
Bibliografia essenziale ed Archivi
- ARCHIVIO DI STATO DI CAMPOBASSO.
- ARCHIVIO STORICO DIOCESANO DI TERMOLI-LARINO.
- AA. VV., Indagine sulla condizione sanitaria del Molise nell’800, a cura dell’Archivio di Stato di Campobasso e della Scuola Media Statale “I. Petrone” di Campobasso, Campobasso 1990.
- AA. VV., Isernia, il suo ospedale, Isernia 1994.
- CAPPELLA C. – GIOVANNETTI G., C’era una volta… a Termoli, Termoli 1989.
- MAGLIANO A., Brevi cenni storici sulla Città di Larino, Larino 1925.
- MASCIOTTA G., Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. II, Il Circondario di Campobasso, Napoli 1915; vol. III, Il Circondario d’Isernia, Cava dei Tirreni 1952; vol. IV, Il Circondario di Larino, Cava dei Tirreni 1952.
- MATTEI A. M., Storia d’Isernia, vol. III, Napoli 1978.
- SAMMARTINO R., Spigolando tra i ricordi. Il Molise dalla ricostruzione allo sviluppo, Roma 1992; Briciole di memoria e parole al vento, Isernia 2002.
- TESTA G., Venafro nella storia, vol. I, Venafro 1986.