La giovanissima santacrocese rinnova la tradizione di famiglia: calzolai da cinque generazioni
di Regina Cosco
SANTA CROCE DI MAGLIANO. Da qui, alla chiusura dell’anno in corso, per il ciclo ‘Storie di resilienza’ la nostra redazione racconterà le esperienze di giovani molisani che per il loro futuro hanno scelto di intraprendere – o talvolta di proseguire sulla scia del proprio vissuto familiare – mestieri rari o caduti in disuso, contrastando il fenomeno dello spopolamento. Partiamo col parlarvi dell’esperienza della giovanissima santacrocese Maria Tartaglia e della sua scelta di svolgere il mestiere di calzolaia, nel solco della tradizione di famiglia.
Pochi sanno ancora risuolare, mettere e riparare un tacco ad una scarpa, cucire una tomaia o realizzare per intero un accessorio in cuoio; ci tocca così – il più delle volte succubi della modernità e degli eccessi – di buttar via un paio di scarpe o di acquistare accessori a basso costo ma di scarsa manifattura, a scapito del riciclo cosciente che eviterebbe l’eccesso di consumi e sprechi. Si compie, in tal senso, la scomparsa di un mestiere tra i più umili ed utili del passato e con essa l’interruzione di un ciclo virtuoso; ma non è sempre questo l’epilogo, almeno fino a quando ci saranno giovani disposti a diventare calzolai.
Maria Tartaglia, 17 anni di Santa Croce di Magliano, per ragioni strettamente personali decide di interrompere la sua carriera scolastica per intraprendere il mestiere di artigiana. Sogna di rilanciare la tradizione della bottega di famiglia: calzolai dal 1929, l’ anno in cui il nonno di suo padre (dal vicino comune pugliese di Torremaggiore) deciderà di trasferirsi a Santa Croce di Magliano dove mette su famiglia; seguirà suo nonno Tonino, suo papà Mattia e adesso lei, con la quale ci si addentra nella quinta generazione. Maria rappresenta, inoltre, una variabile che non passa inosservata: una giovane donna che decide di fare la calzolaia, con l’intento di apprendere un mestiere tradizionalmente maschile. Dentro la bottega, sita in Via Amore nel centro storico di Santa Croce, il lavoro non manca ed è lì che l’abbiamo intervistata:
Maria, come e quando hai deciso di voler fare la calzolaia da grande?
Da bambina osservavo mio padre fare questo lavoro. Oggi voglio lavorare al suo fianco, ed eccoci qui. Sono cresciuta con l’odore del cuoio e con quello fastidioso della colla. Ma è da quest’anno, precisamente dal 17 giugno 2024, che ho deciso di voler fare questo mestiere continuando una lunga tradizione di famiglia. Infatti, poco dopo la festa patronale di Sant’ Antonio di Padova, che com’è noto vede mio padre impegnato nella messa a punto di gioghi e collari in cuoio per gli animali che trainano i tradizionali carri votivi, ho incominciato a venire tutti i giorni in bottega. Non solo calzature da aggiustare, ho capito che c’era un mondo in questa bottega.
Da che cosa hai incominciato?
Ho incominciato osservando un grosso ritaglio di cuoio e ho deciso che volevo realizzare una borsa. Vorrei proseguire su questa linea, non solo riparazioni, ma anche creazioni: borse e accessori di ogni tipo. Utilizziamo del resto materiali pregiati, il cuoio è quello toscano o quello proveniente dall’area campana.
Come ha risposto la vostra clientela a questo tuo nuovo ingresso nella bottega di famiglia?
Siamo fortunati per diverse ragioni: in tutto il circondario dell’area del Cratere scendendo sino a Larino, siamo forse tra i pochi rimasti. Dalle riparazioni delle calzature, passando per le riparazioni delle cinture e delle borse, sino ai finimenti della tradizione agro-pastorale, il lavoro non manca. Collaboriamo anche con le sarte del posto perché adoperiamo una particolare tipologia di bottoni utilizzabili per rifinire il denim e il vestiario. La presenza di una donna in bottega, quindi, non può che fare bene.
Poi si sa, noi giovani riusciamo a comunicare anche attraverso i canali social aiutano molto gli esercizi commerciali. Mi sono occupata di creare da zero gli account per la nostra attività, e spesso ricevo ordinazioni per realizzare borse anche lì.
Di fatti, di recente avete anche un nuovo logo
Si, il logo è stato un omaggio da parte di mio cugino. La data riportata sull’illustrazione è il 1992, quando mio padre subentrò a mio nonno nella gestione della bottega; ma tutto ha avuto inizio dal 1929, siamo ormai alla quinta generazione.
Maria, cosa ti aspetti da questo tuo nuovo inizio?
Vorrei sicuramente portare avanti la tradizione di famiglia e sfatare quel luogo comune secondo cui debbano essere necessariamente uomini gli artigiani. Poi, realizzare e cucire borse e accessori mi piace molto. Queste botteghe sono il segnale che nei paesi si può ancora vivere, puntando soprattutto alla qualità di un lavoro ben fatto e rifinito.