di Giuseppe Mammarella, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino
LARINO. Dopo il mancato riordino delle diocesi del Regno di Napoli che, alla vigilia del Concordato del 1741 tra il Papa Benedetto XIV ed il Re Carlo III di Borbone, per l’attuale Basso Molise prevedeva l’aggregazione della circoscrizione di Guardialfiera a quella di Termoli e l’estensione del distretto ecclesiastico di Larino fino a Lesina (Archivio Apostolico Vaticano, “Nunziatura Napoli”, vol. 464, ff. 45-46), la riforma venne ripresa “in seria considerazione”dal governo borbonico nel 1803.
In una “Memoria”, non datata ma, con ogni probabilità, riferibile proprio a all’anno 1803, redatta allo scopo di evitare l’unione dell’attuale territorio basso-molisano alla sede di Lucera, si rileva, tra l’altro, testualmente: “La Diocesi di Larino confina con le due […] di Guardialfiera, e Termoli, i di cui paesi più rimoti non sono distanti dalla Città di Larino, più di quattordici miglia […] quindi l’incorporazione di dette due Diocesi con quella di Larino riuscirebbe assai comoda e vantaggiosa per l’una e per le altre […]. Il Vescovado di Larino composto da venti Paesi, che danno il numero di circa quarantatremila anime: la Diocesi di Termoli di nuove Luoghi, che ascendono a circa ventimila anime: quella di Guardialfiera di otto Paesi (che) ascendentino a circa quindicimila anime: quindi il Vescovo di Larino verrebbe a governare circa ottantamila anime […]. E’ da rimarcarsi di più nella Città di Larino un fiorentissimo Seminario, che […] si conserva oggi […] nel suo splendore ed è rinomatissimo […] essendovi i maestri di tutte le scienze in modo che vien composto di centotrenta convittori non solo Diocesani, ma di altre Diocesi lontane […]”. L’interessante corposa “Memoria”, conclude aggiungendo: “…qualora il numero de’ Vescovi del Regno si volesse vieppiù restringere, potrebbe anche incorporarsi al Vescovado di Larino, oltre alle dette Diocesi […] l’altra anche confinante e piccola Diocesi di Volturara (Volturara-Montecorvino verrà poi completamente soppressa ed aggregata a Lucera, n. d. a.), la quale oggidì manda i suoi giovani nel Seminario di Larino […]” (Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino, =ASDTL, sez. Larino, fondo Curia, b. 15, f. 220).
Anche all’inizio del Decennio francese fu redatto un nuovo progetto. Nei primi mesi del 1812 era pronto un piano che, molto più radicale di quello precedente (del 1807), prevedeva la riduzione delle 131 diocesi del regno a 34. “Raggruppando le diocesi del regno per classi di grandezza – scrive il Prof. F. Barra in un suo studio del 1980 – si rileva in proposito che ben 11 di esse, pari all’8,46%, non raggiungevano i 5mila abitanti, 21 (16,15%) erano tra i 5mila ed i 10mila, 33 (25,38%) erano tra i 10mila ed i 20mila, 42 (32,30%) erano tra i 20mila ed i 50mila, 17 (13,07%) erano tra i 50mila ed i 100mila e soltanto 6 (4,61%), infine, superavano i 100mila abitanti. Le diocesi piccole e piccolissime, inferiori alle 20mila anime, costituivano quindi il 50% delle diocesi meridionali […]”.
Molti capitoli cattedrali, specialmente di sedi vacanti (Termoli lo era dal 1801, Larino e Guardialfiera dal 1804), sostennero anche allora le loro ragioni, per non vedere soppressa la propria diocesi. In una riunione del Capitolo larinese del 10 giugno 1811, l’Arcidiacono don Giuseppe Bucci pronunciò un discorso sostenendo, tra l’altro, che “la facile ampliazione della Diocesi (avrebbe potuto ottenersi con l’aggregazione delle) due limitrofe, e ristrette Diocesi di Guardialfiera e di Termoli, nonché (di) alcuni Comuni della Diocesi di Benevento (Sant’Elia a Pianisi, Pietracatella e Macchia Valfortore, n. d. a.), i quali fanno parte […] di questo Distretto (quello di Larino, n. d. a.); il continuato possesso di un Seminario capace di quasi centocinquanta convittori […] oltre di tant’altri motivi, quello dell’onore di essere stata questa Città nominata, e prescelta […] Capitale della Sottointendenza di questo nome […]” (ASDTL, sez. Larino, b. 15, f. 220).
Alla riduzione delle diocesi si giunse solo nei primi anni della Restaurazione borbonica a seguito del Concordato stipulato a Terracina il 16 febbraio 1818 tra il Cardinale Ercole Consalvi ed il Ministro Luigi de’ Medici. La ristrutturazione interessava solo i domini posti “di qua dal Faro” e non la Sicilia. Il 3 aprile dello stesso anno 1818, il Papa Pio VII, inviò una circolare a tutti i vescovi ed ai capitoli cattedrali delle sedi vacanti del Mezzogiorno continentale per invitarli ad esporre eventuali richieste in ordine alla preparazione del nuovo piano.
Anche da Larino e da Termoli furono inoltrate suppliche per chiedere non solo la conservazione della propria sede, ma l’unione di qualche piccola diocesi confinante, per aumentare la popolazione, le rendite ed ampliare il territorio.
A favore di Larino si ottenne un plebiscito di voti e preghiere da parte delle popolazioni di tutti i comuni della circoscrizione frentana. Si ritenne opportuno ricordare al Re che “la Città di Larino, fornita di primarie Autorità Civili, cioè Sottointendente, Giudice Istruttore, Corpo di Militari guidati da Capitani, Tenenti, ed altri ufficiali” da poco elevata “all’onore di uno de’ Capo Distretti del Molise”, offriva vantaggi come pochissime altre città delle province di Capitanata e di Molise. Autorità civili, clero e popolo, da ogni parte della diocesi, esposero il loro unanime “desiderio di rimanere soggetti alla Curia di Larino nel caso di qualunque mutazione relativa alle Diocesi del Regno” e, anche in quella occasione, chiesero l’aggregazione a Larino delle sedi di Termoli e Guardialfiera. Gloria e vanto, come venne sottolineato in tutte le istanze, nessuna esclusa, era per la diocesi di Larino il seminario “ripieno d’alunni che anche da lontane parti” vi concorrevano “per essere ben provveduto di dotti, e rispettabili Maestri” per cui era considerato “fonte perenne di tutte le virtù” (ASDTL, sez. Larino, fondo Capitolo, b. 95, f. 1489).
Anche dai centri della diocesi di Termoli furono indirizzate al Re istanze rivolte ad ottenere la loro aggregazione a Larino. Per quanto riguarda questi ultimi, ritengo opportuno far cenno ai più popolosi e cioè Guglionesi (che comprendeva anche Petacciato) e Montenero di Bisaccia. “Il Sindaco ed i Decurioni di Guglionesi […] persuasi, che nel nuovo piano delle Diocesi quella di Termoli, cui è soggetta la loro Comune, resterà soppressa, prostrati a pié del Regal Trono”, chiesero la “grazia di non lieve utilità […]” e cioè quella “di aggiungere la Comune di loro […]” alla diocesi di Larino perché “fornita di ogni qualità […]; Larino centro ancora del Distretto, al quale è sottoposta la Comune di Guglionesi […]”. Le autorità di Montenero di Bisaccia così si espressero: “La sorte della Diocesi di Termoli è già decisa: il Gregge in Essa finora racchiuso dovrà passare ad altro ovile. La fama che corre, ne ha recato l’avviso alla Comune di Montenero. Non daggiono star neglittosi in una faccenda di sommo rilievo il Sindaco ed i Decurioni di essa Comune. I sentimenti sinceri di lor fedeltà al Regio Soglio fanno lor animo a supplicar di una grazia la Maestà Sua. Dovrà sciogliersi dunque la Diocesi di Termoli? Si aggreghi Montenero a quella di Larino […]. Tutti i riguardi violentano i Supplicanti alla scelta suddetta: il riflesso di un luogo centrale di moltissime Comuni […], un Seminario rispettabile […]” (Ibidem).
Pio VII, con la Bolla “De utiliori Dominicae Vineae procuratione” del 27 giugno 1818 diede pratica attuazione alle intese concordatarie. Nell’attuale Molise, solo due sedi vennero soppresse e precisamente Guardialfiera, assorbita da Termoli, e Venafro, in quel tempo in “Terra di Lavoro”, aggregata ad Isernia. Pio IX, con la Bolla “Sollecitudine Animarum” del 19 giugno 1852, dispose il ripristino della diocesi venafrana unendola, però, con la formula “aeque principaliter” a quella di Isernia.
La revisione del 1818 fu molto più contenuta rispetto ai piani progettati nel 1807 e nel 1812 che prevedevano: il primo la riduzione delle circoscrizioni ecclesiastiche del Regno a 52 soltanto, con la soppressione di 79 sedi; l’altro, addirittura, annunciava la conservazione di solo 34 residenze vescovili su 131.
Con l’ampliamento post-concordatario la diocesi di Termoli presentò una superficie di 687 kmq, mentre quella di Larino, che non subì alcuna variazione, continuò ad occupare un territorio su terra ferma corrispondente a 875 kmq, oltre alle Isole Tremiti.
Per saperne di più sull’argomento, vedere il mio Saggio “Larino e Termoli nella revisione territoriale delle diocesi di Molise e Capitanata tra il XVIII e XIX secolo”, in “Almanacco del Molise 1991”, Campobasso 1991, vol. I, pp. 257-280.