LARINO. La pausa estiva come si sa serve a tonificarsi, a riposarsi, magari in riva al mare oppure in alta montagna. Ma per il nostro amico, il sociologo, esperto di Weber, cultore della storia e delle storie larinesi, ricercatore delle bellezze che gli avi hanno lasciato alla modernità, Berardo Mastrogiuseppe anche le ferie si sono rivelate un nuovo momento per studiare, un nuovo momento per ricercare, per elaborare non alchemiche invenzioni ma qualcosa che potesse scuotere le coscienze, la politica, e naturalmente anche chi dovrebbe guardare in maniera diversa alle ricchezze archeologiche, storiche ed artistiche della città frentana.
Tornato dalle sue vacanze austriache, il buon Berardo, nel consueto appuntamento settimanale, ci ha voluto ancora una volta stupire con documenti inediti forte sempre del suo pensiero: la storia si fa non con i se ed i ma, ma con documenti veri ed autentici possibilmente non manipolati. E di documenti veri ed autentici possiamo garantirlo il dottor Mastrogiuseppe ne ha davvero a migliaia.
Ma questa volta, la sua attenzione si è voluta soffermare su una delle bellezze che la Città frentana possiede: ossia i suoi mosaici, un corpus musivo che collocano il municipium tra le città più importanti del periodo imperiale dell’intero centro sud Italia.
“Guarda questa foto – esordisce – e ci mostra un uomo intento a ripulire niente poco di meno che il bellissimo mosaico del Leone, rinvenuto alla fine degli anni 40 del secolo scorso in un terreno di proprietà di un privato poco distante dall’anfiteatro. Guarda bene la foto, mi dice. Ed io incuriosito mi soffermo ad osservare quello scatto fissato a perenne ricordo su quel cartoncino ingiallito. Non noti che il leone è integro? In effetti, dalla foto sia la testa del leone, sia il corpo e per quel che si riesce a vedere anche le palme sembrano integre. Hai capito a cosa mi riferisco? – aggiunge Berardo. E mentre mi pone quest’ultima domanda mi mostra una foto attuale del mosaico, conservato insieme a quello della Lupa e degli Uccelli nelle sale espositive del museo civico di Palazzo Ducale. Dove sono finite le tessere del mosaico? Forse sono ancora in un’anfora e devono essere collocate? La mancanza delle stesse è dovuta ad una distrazione di chi l’ha ricollocato a Palazzo Ducale o all’usura di quanti incuranti del suo valore l’hanno calpestato negli anni?
Il tono di voce Mastrogiuseppe si fa di colpo serio: ma è mai possibile che nessuno in questi anni abbia chiesto fondi, messo in cantiere un progetto capace di trovare finanziamenti dai Ministeri? Come è stato possibile ridurre in quel modo uno dei mosaici più belli di Larino? Dove sono finite le tessere mancanti, se è vero come testimoniato dalle foto, che quelle tessere erano presenti quando il mosaico è stato rinvenuto. Così come erano presenti nelle cartoline realizzate negli anni immediatamente successivi al suo rinvenimento?
Interrogativi a cui, certamente noi non sappiamo dare risposta, ma che meritano delle risposte. “Sono anni che a Larino – continua Mastrogiuseppe – l a Soprintendenza non effettua delle nuove campagne di scavo, le ultime sono datate fine anni settanta del secolo scorso. Per Larino mancano sempre i fondi cosa che invece non accade per altri siti archeologici del Molise, come Sepino. Quanti reperti di Larino sono esposti a Campobasso, o altrove e non a Larino! Cosa impedisce di aprire finalmente il museo di Villa Zappone? Ogni larinese dovrebbe interessarsi della storia della sua città. Ma ahimè spesso siamo proprio noi larinesi a disinteressarci di quello che i nostri predecessori ci hanno lasciato. Forse siamo abituati a raccontare la storia imparata a memoria ma poi cosa facciamo in concreto per farsi che le nostre bellezze non cadano a pezzi, o si perdano dei pezzi come quelli del mosaico del Leone? Non vorrei che avesse ancora una volta ragione Vincenzo Cuoco che nella sua opera Platone in Italia, del 1924, racconta “Gli edifici dell’antica Larino sussistono ancora in parte. Ai tempi nostri vi si vedevano gli avanzi delle terme, di un pretorio, di un anfiteatro, di un tempio di Marte, di un altro di Giunone Feronia, ecc. (…) Ma di tali monumenti non si è avuta veruna cura. Chi scrive li ha visti rovinare di anno in anno, senza che né ai larinati, né al vescovo, che pur dovrebbe essere un uomo di qualche cognizione, né al duca di Larino, che pure ha quarantamila scudi all’anno, sia mai venuto in mente che il custodirli potesse esser utile e glorioso”.
L’incontro con il dottor Mastrogiuseppe finisce come sempre con l’ennesima sigaretta fumata al cielo e, come dire, con l’anteprima della prossima puntata quella in cui torneranno a rivivere sulle nostre colonne alcuni quaderni di scuola e delle foto davvero rare in cui, chiaramente si evince, come a Larino forse ancora prima di Riccia si ‘celebrasse’ sul finire del mese di settembre la festa dell’uva.