di Pino Miscione
RIPABOTTONI – Confesso che da melomane un po’ “in naftalina”, perché deluso dai criteri valutativi che oramai la fanno da padrone nell’Opera lirica, ero piuttosto titubante. Ma ero già stato lo scorso anno e bissare è stato quantomai dilettevole, perché in questa nostra piccola terra il Canto lirico approda assai difficilmente. Ripabottoni, questo incantevole borgo del nostro Appennino, molto ambito dai turisti nordeuropei che in diversi vi dimorano, le cui case di pietra accuratamente restaurate dopo il sisma del 2002 ti accolgono coi loro bei portali finemente decorati fino a condurti all’intima piazzetta costeggiata dalla elegante facciata della Chiesa madre di Santa Maria Assunta.
In questo scenario per nulla artefatto, ieri sera 6 agosto si è svolta la finale del IV Concorso Internazionale di Canto lirico “Piero Cappuccilli”, intitolato al grande baritono verdiano la cui famiglia è originaria di questo borgo molisano che si vanta di aver dato i natali a un raffinato pittore settecentesco, a un sindacalista e poeta molto attivo oltreoceano, a un riservato e devotissimo biografo di Padre Pio da Pietrelcina. Tra i suoi figli possiamo enumerare in qualche modo anche Piero Cappuccilli (1929-2005), che benché triestino di nascita era di casa in questo paese dell’anima dove i suoi genitori videro i natali.
Quarta edizione, e sarebbe stata la sesta se la pandemia non ne avesse impedito un paio. Ma il Premio cresce e si rafforza, grazie soprattutto alla tenacia di uno dei figli di Cappuccilli, Pierpaolo, presidente della qualificata Giuria, composta pure dal direttore d’orchestra Maurizio Barbacini, dal basso Carlo Colombara, dal mezzosoprano Giovanna Lanza, dal regista teatrale Giulio Ciabatti, coadiuvati dal segretario artistico Alessandro Ciarla. Ad accompagnare i cantanti al piano Desirè Broggi, consorte di Pierpalo.
Ma veniamo al piatto forte, vale a dire i 39 giovani dalle ugole d’oro provenienti da dieci paesi disseminati in tre continenti. Piuttosto considerevole la qualità dei concorrenti, come ho potuto verificare anche in questa serata finale che ne ha ridotto il numero a 12; gruppo di finalisti inusitatamente elevato rispetto allo scorso anno, giustificato proprio dalle loro notevoli qualità vocali, che ha obbligato gli organizzatori a ridurre ad uno solo il brano da presentare innanzi alla Giuria e al pubblico in piazza.
Sono approdati in finale 6 soprani, un mezzosoprano, 2 tenori e 3 bassi; quattro gli italiani finalisti. Piuttosto singolare che in un premio intitolato a Cappuccilli non sia riuscito a superare l’ammissione alla finale nessun baritono; ma in verità questo va a tutto vanto della serietà del Premio. Ha vinto il trentaduenne tenore cileno Xavier Mathías Prado Cáceres che ha cantato l’aria di Edgardo “Tombe degli avi miei” dalla Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti (1835); il talentuoso cantante latinoamericano ha convinto la Giuria e incantato gli auditori seduti in piazza, ai quali mi accomuno volentieri, per il timbro gradevole e la potenza vocale cha ha saputo controllare coniugandola con una convincente capacità interpretativa. Al secondo posto il basso italiano Valerio Morelli (22 anni), che ha eseguito la ben nota aria di Leporello “Madamina, il catalogo è questo” dal primo atto del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart (1787). Terzo classificato il soprano giapponese Ayaka Kiwada (36 anni), che ha presentato l’aria “Depuis le jour” dal terzo atto della Louise di Gustave Charpentier (1900).
Premiati i tre meritevoli, l’ottimo Xavier ha bissato riproponendo lo struggente recitativo cantabile di sir Edgardo di Ravenswood, che qualche appassionato nostrano potrà ascoltare nel video che ho provveduto a girare. Anche in quest’opera donizettiana ritroviamo la celebre formulazione attribuita a George Bernard Shaw: «L’opera lirica è quella rappresentazione in cui il tenore cerca di portarsi a letto il soprano, ma c’è sempre un baritono che glielo vuole impedire». Opera tristissima ambientata nella Scozia di fine XVI secolo, tratta da un celebre romanzo storico di Walter Scott: «Tombe degli avi miei, l’ultimo avanzo d’una stirpe infelice…». I due amanti non coronano la loro storia d’amore e muoiono entrambi: lacrime a fiumi. Ma ieri sera baci, fiori e applausi. Non è calato il sipario, ed è meglio così, perché ci rivedremo, a Dio piacendo, il prossimo anno.