di Pasquale Licursi
SANTA CROCE DI MAGLIANO. La morte del professore Gaetano Di Stefano ha profondamente segnato la comunità santacrocese, in tanti hanno, di getto, scritto pensieri di parole in ricordo di un uomo che ha saputo riscrivere la storia stessa della comunità. Tra questi piace segnalare ai nostri lettori anche la musicalità del ricordo messa nera su bianco dallo scrittore e poeta Pasquale Licursi che ha scritto:
“Ci ho provato a parlare degli anni 80. Di quando si andava al Liceo a piedi e senza sigarette. Ci ho provato in tutti i modi ma tu parli e loro ti guardano strano, come se raccontassi favole dell’altro mondo, un mondo mai esistito. E invece quel mondo esisteva ed era lì, vicino vicino, ma nessuno lo vedeva. Nessuno. Lo vivevamo quel mondo che era un concentrato di illusioni e di piccole possibilità sospese in chissà quale parte del cielo. L’Istituto vicino agli anziani dell’Ospizio e nell’ora di ricreazione lanciavamo caramelle e sigarette ai vecchi sulla panchina. E il prof. era quel mondo, insieme a tutto il resto. Aveva un odore proprio. Gli appunti sul quaderno, le assemblee, le gite a Montecarlo e le foto in bianco e nero. Poi invecchiando siamo diventati amici ma quel mondo era sparito. Quando penso al prof. mi scappa una risata che nascondo nella sciarpa dei nostri inverni freddi. Lo ricordo come si può ricordare una vacanza bella, un libro che ti rimane dentro, un dolce di natale. Era sinceramente una brava persona e si ostinava con la storia, la nostra storia. Le sue foto, il suo archivio, Capriglione. Il manoscritto del poeta tornato in vita dopo mille viaggi all’archivio di Stato. Anche la voce. La ricordo adesso mentre vado a letto presto e continua la risata dolce. Io non conosco il futuro, il nostro dico, ma qui sembra che diventiamo sempre un po’ più poveri insomma. E quando penso al prof. Il vuoto intorno mi sembra sempre più pieno e diminuiscono le possibilità. Oggi che tutto si riduce a piccole ed insignificanti schifezze, solitudini mortificanti e scuole senz’anima i prof. come lui non esistono più. Riferimenti, oltre ogni cosa. Magari in quell’ora non si parlava di universo e geografia ma si viveva e si respirava, si abbracciava la vita. Era un incontro, insomma. Mi sento più solo, oggi. Un po’ più solo e lo dico con tutta la sincerità possibile. Eduardo, il figlio, è venuto a ripetizione di francese da me. Lo ha mandato lui. Forse si fidava. Ed è una bella cosa questa. Fidarsi, dico. Ciao prof. E salutami tutti”.