Tardi rispetto alla tradizione, in una piazza gremita di gente, si sono chiusi i solenni festeggiamenti patronali in onore del santo vescovo che per voler di Dio da 1181 anni è diventato patrono della città frentana e della diocesi.
LARINO. “Le voci alziam di giubilo, A Dio che Pardo elesse Larino per proteggere; E con le voci stesse lodiamo l’alto Signore che a Pardo protettore di gloria un serto dà che nel cader dei secoli immoto resterà”.
Le parole iniziali dell’inno a San Pardo ci aiutano a descrive le emozioni senza tempo che hanno accompagnato il popolo larinese nella tre giorni di festa conclusasi con il rientro del simulacro del santo vescovo in basilica: le voci alzate al cielo in segno di giubilo, melodie di gloria verso quel santo la cui devozione resterà per sempre ed indissolubilmente legata alla gente di Larino in ogni dove. E poi i suoni, i colori, i fiori, le storie di vita intrecciate l’una all’altra in un turbinio armonioso di sensazioni che hanno smosso i cuori, rigato i volti anche di lacrime, lungo i percorsi che gli avi hanno tracciato perché ogni anno si facesse memoria della festa. Si facesse memoria di come un popolo abbia trovato in un santo vescovo il suo protettore.
E’ sempre un’emozione speciale vivere fino alla fine la festa in onore di San Pardo. E’ vero, quest’anno, si è andati ben oltre l’orario consueto, ma chi era presente porterà con sé ricordi del cuore che non potranno essere cancellati e continueranno ad essere trasmessi di generazione in generazione “perché – come ha avuto modo di affermare don Claudio Cianfaglioni nel corso dell’omelia che ha chiuso le festività – dal più piccolo nato al più anziano, tutta la comunità larinese ha vissuto con fede questa tre giorni di festa”. Un’omelia che ha ulteriormente scaldato i cuori, pronunciata da un sacerdote nato a Marino che per voler di Dio è giunto a Larino per esercitare il suo ministero e che ha saputo riconoscersi, nonostante la pausa legata al Covid, da subito nel mistero della festa patronale larinese, una festa che è della famiglia, dell’intera famiglia larinese alla quale anche lui, don Claudio, ormai da oltre tre anni, ne fa interamente parte.
L’ultimo giorno di festa si era aperto con i carri che dal centro storico sono saliti alla volta del Pian San Leonardo per accompagnare al cimitero la statua di San Primiano. Un lento procedere preludio di uno dei momenti della festa che esprimono ulteriormente il senso di comunione che la stessa tramanda, ossia la scampagnata, il fermarsi, la sosta per il riposo degli animali. Un tempo di socialità, di convivialità e condivisione che è parte importante della festa insieme ai riti e alle celebrazioni, un momento dove anche chi non è larinese lo diventa nel breve giro della lancetta delle ore, degustando i piatti della tradizione e mandando a memoria i versi dell’inno da cantare poi a squarciagola quando terminata la sosta, la processione dei carri si è rimessa in marcia per ricondurre in basilica la statua di San Pardo.
L’ultima processione dei carri lungo le strade dove la devozione continua a farsi presente, ancora le note dell’inno, il calar della sera a dipingere nel cielo nuove policromie di colori immortalati dai mille e più obiettivi che hanno ripreso l’arrivo del santo e poi il suo ingresso in basilica. La Santa Messa per dire grazie, la processione per riaccompagnare i santi nella loro sede e poi l’ultimo atto, la benedizione finale e l’inizio del conto alla rovescia. Mancano 365 giorni a San Pardo!
Per la cronaca, questa sera, è in programma, in piazza Duomo, il concerto degli ‘Zero Assoluto’ che chiuderanno i festeggiamenti laici!