LARINO. Tornare nella casa di reclusione di via Molise per raccontare ai nostri lettori la nuova iniziativa realizzata all’interno dell’istituto, sempre professionalmente ed umanamente diretto dalla direttrice Rosa La Ginestra, è stato salutare.
Salutare perché ci siamo trovati di fronte, non soltanto ad una bellissima opera di street art che da oggi e per tanti anni a venire sarà il primo impatto per tutti coloro che entreranno nella struttura, ma soprattutto perché ascoltando gli autori di quei quadri che insieme formano una grande figura umana, ci ha introdotto alle loro emozioni, ai loro racconti, al loro tempo perso nella vita ma anche alla loro voglia di futuro, di un futuro che deve poter essere vissuto in pienezza quando torneranno liberi e lasceranno il carcere.
Un razzo di pace, un’isola felice, i numeri come gli anni passati in carcere, una bicicletta che si perde nel cielo, due colombe che portano amore, un albero della vita, un gatto (quello che vive all’interno della struttura), così come il cane inquilino del carcere, un mondo circondato da stelle, un sole che sorge dal Perù al mondo, un aquilone su una spiaggia, una testa pensante, un gabbiano sospeso tra le fatiche del mondo e la voglia di volare alto, un vaso di pensieri, un altro dove svetta una croce, un acquario immerso nella natura, il bene ed il male, una clessidra che misura il tempo perso ma anche quello che c’è ancora da vivere fuori e una fenice come segno di rinascita ma anche la gioia di una vita che aiuti a non perdere più l’orientamento
Forme astratte ma concrete di pensieri ed emozioni, tutte raccolte all’interno di una figura umana distesa su quel muro di quel padiglione del penitenziario che è il primo che si incontra entrando nella struttura dove 22 detenuti abilmente diretti dagli artisti Massimiliano Vitti e Chiara Santinelli hanno saputo raccontare se stessi vincendo le paure iniziali.
Il murales è stato realizzato nell’ambito delle attività extracurriculari organizzate dalle scuole presenti nell’istituto di reclusione frentano d’intesa con il Centro territoriale per l’educazione in età adulta. All’inaugurazione dell’opera pittorica suddivisa dall’artista Vitti in 22 rettangoli quanti i detenuti che hanno preso parte al progetto, oltre agli artisti erano presenti la Dirigente scolastica del CPIA, la dottoressa Valeria Ferra, che ha consentito la realizzazione del progetto, l’insegnante Filomena Di Lisio, che ha seguito giornalmente il laboratorio, la direttrice Rosa La Ginestra, la psicologa Elvira Pellegrino, altro personale della struttura e naturalmente loro i ragazzi del percorso pittorico, loro che hanno aderito al progetto ed accettato la sfida di confrontarsi con la parte più profonda di se utilizzando il pennello e i colori.
Come spiegato dall’artista Vitti “ognuno di loro è stato invitato, nella fase iniziale del laboratorio, a confrontarsi con l’immagine più profonda di se stesso, attraverso la produzione di un ritratto interiore. Il progetto ha utilizzato la dimensione pittorica per veicolare emozioni, aumentando la consapevolezza di sé e la conoscenza degli altri.
L’idea alla base del laboratorio è che l’identità del singolo partecipante concorra a creare, insieme alle altre, una grande “Oasi umana”, una figura enorme distesa sul muro, sintesi delle emozioni vissute dai singoli detenuti.
Ognuno di loro ha associato il proprio nome ad uno dei 22 quadrati, dipingendo l’immagine scelta per raffigurarsi”.
“Il risultato finale – ha affermato la direttrice La Ginestra – è un meraviglioso collage di colorì ed emozioni, ma per i detenuti è soprattutto l’aver condiviso con l’artista per sette giorni spazi ed idee in un lavoro autenticamente collettivo, con la consapevolezza di aver lasciato su un pezzetto di muro la parte migliore di se”.
La condivisione dell’esperienza nell’aula scolastica dell’istituto resta certamente il momento più intenso ed emozionante della mattinata. Un momento di condivisione di storie e vissuti che loro, i detenuto hanno voluto rappresentare su quel muro, su quel muro di sincerità dove alcuni hanno scoperto un talento da coltivare, la pittura, altri la consapevolezza che si può uscire dal carcere cambiati, ma anche quella che strutture carcerarie come quella di Larino sono realmente luoghi di rieducazione dove chi ha toccato il fondo riesce a salvarsi proprio per le attività che si svolgono al suo interno che ti permettono di fare un viaggio dentro se stessi per scoprirsi cambiati: “perché tutto si può recuperare basta volerlo”. E vedere, infine, un’artista commosso esprime sinceramente il senso del suo talento: perché quei ragazzi provenienti da ogni dove hanno messo il cuore in quell’opera, hanno preso ma hanno saputo dare tanto, noi compreso.
Nicola De Francesco