COLLETORTO. Il centro fortorino ha un museo grazioso tra le pietre del tempo che racconta non pochi eventi di ieri. Nel cuore del borgo, dove il respiro della storia si avverte a chiare note, in una cornice luminosa, tra fiori e squilli di chiarine, è stato inaugurato il museo ecclesiastico negli spazi della vecchia sacrestia.
Strettamente collegata alla Chiesa di San Giovanni patrono del paese. E’ qui il luogo delle proprie radici. Dove la cultura improvvisamente si svela con una documentazione inedita. Prende per mano chi la ama. Per conoscere e scoprire cosa hanno fatto i propri avi, i vescovi dell’epoca e la visione lungimirante del marchese Bartolomeo Rota. Intrisa di fede cristiana e di arte, a vantaggio di un singolare e inedito “Rinascimento” del luogo.
A favore dello spirito. A favore dunque della vita sociale. Il museo nasce con questa finalità. In particolare con l’obiettivo di conservare e valorizzare quanto di meglio ci ha lasciato chi ha lavorato per la comunità. E agire per praticare in futuro con azioni concrete quei valori che non crollano mai. Una cerimonia dunque emozionante dopo il suono a distesa del campanone del Battista. Il suono prolungato dei rintocchi armoniosi, come succede in questi casi, ha chiamato a raccolta la comunità. Tra il portale trecentesco della vecchia chiesa e l’Arco della Sacrestia, la voce degli angeli ha fatto sentire come sia importante amare l’identità. Al completo la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni.
Nel museo ecclesiastico sussulta il cuore dei manufatti appartenenti alla realtà locale. Nel caso specifico le testimonianze religiose s’intrecciano a quelle civili in “una via d’azione” squisitamente legata alla storia ecclesiastica, alla bellezza dei suoi manufatti – che sanno di mani – e alla cultura locale. Per via del sacro un museo religioso è qualcosa in più. E’ anche un luogo di preghiera. Che include. Che rilancia la voglia di lavorare per il bene del proprio paese. Nella sua dimensione identitaria con i suoi contenuti il museo unisce per fortuna tutti quanti. Guarda al futuro in positivo con uno spirito attivo. Una cerimonia dunque sicuramente per molti versi sublime per ciò che concerne la voce del sacro dettata dalla presenza di svariate reliquie. Come si vede dalle foto di repertorio, gli squilli delle chiarine del Gruppo Storico “Giovanna I d’Angiò” hanno annunciato l’inizio della manifestazione.
Il parroco Padre Vincenzo Bencivenga ha portato i saluti del vescovo Gianfranco De Luca. Ha poi sottolineato l’importanza dell’iniziativa, ringraziando Tommaso Socci, i volontari del posto e quanti hanno contribuito a proprie spese per recuperare gli ambienti della sacrestia al fine di mettere in bella mostra le teche espositive. Per recuperare in definitiva un ambiente da troppo tempo abbandonato a se stesso. Quasi un anno è stato necessario per portare a termine “un lavoro svolto con lo spirito giusto, in silenzio, che riempie di orgoglio tutta la comunità”.
Ha dichiarato il sindaco Cosimo Mele. A seguire gli interventi di Antonio Chieffo, della professoressa Franca Ricci, assessore alla cultura di Tavenna e della sindaca Sabrina Lallitto di Casacalenda, proveniente da un Comune molisano che fa scuola nel settore.
A Casacalenda infatti, a cielo aperto, tempo fa è stata inaugurata una delle esperienze museali più originali che ancora oggi lancia non pochi segnali. Dulcis in fundo taglio del nastro e scoprimento della targa ai lati dell’ingresso. In veste ufficiale hanno partecipato il Gruppo Storico “Giovanna I d’Angiò”, l’Associazione Culturale “La Coccinella”, l’Associazione Cavalieri Angioini “Roberto de Firmitate”, il Comitato Festa “Parrocchia San Giovanni Battista”, l’Anpas “Carmela Ciniglio”.
Diversi i messaggi di congratulazione giunti da lontano. “Complimenti per l’opera. Faccio a voi tutti i miei migliori auguri e buoni auspici per una bella riuscita della manifestazione”, Antonio D’Angelo, vescovo ausiliare di L’Aquila.
“L’inaugurazione del Museo Ecclesiastico è una bellissima iniziativa che riempie il cuore di gioia e di speranza per il futuro. Consente ai colletortesi di riappropriarsi delle proprie radici storiche e culturali. Per me è motivo di orgoglio. Sono convinto che darà splendidi frutti. Ringrazio di cuore tutti coloro che in qualunque ruolo sono stati partecipi di questo lavoro. Resta il mio impegno a visitarlo appena ritorno nella mia Colletorto”, Rocco de Adessis, cittadino onorario di Colletorto, Bari.
“Porgo i miei cordiali saluti rammaricata di non essere con voi per l’inaugurazione di questo piccolo scrigno di arte sacra. Purtroppo il Covid s’è fatto beffa di me. Su invito dell’amico Luigi Pizzuto ho visitato l’ambiente museale in fase di allestimento. Un museo, grande o piccolo che sia, ha una grande importanza culturale per il luogo che lo ospita. Oggi Colletorto è più ricca perché tale scrigno entra di fatto nella vita della comunità raccontando con i suoi oggetti vari aspetti della stessa comunità: quelli religiosi, umani, artistici, artigianali e antropologici. Il museo è un luogo che rappresenta quella identità nata dall’intreccio di fede e di storia. Appena guarita verrò a farvi visita nella bella Colletorto”,
Gabriella Paduano, storica dell’arte, Termoli. Nel “Borgo degli angioini” si arricchisce così di un servizio culturale in più la realtà locale. Per mostrare al visitatore le tracce di un vivace passato. Pieno di gloria. Con lo sguardo rivolto al domani. Ed infine, i complimenti per l’importante iniziativa culturale che qualifica l’antico borgo di Colletorto sono giunti anche da parte del presidente Oscar De Lena dell’Archeoclub di Termoli”.
Luigi Pizzuto