LARINO. In questo periodo via Cluenzio ha un fascino particolare, l’atmosfera autunnale gli dona una quiete surreale, lo “struscio” estivo e soprattutto la notevole presenza dei giovani che amano frequentare la Larino medievale con i suoi tanti bar dove ritrovarsi, s’interrompe….. si attende dicembre che, dopo il lungo fermo imposto dalla pandemia, presenterà il suo calendario di eventi, tra cui la recente novità delle luminarie di Natale che ha riscosso un enorme successo, anche tra i forestieri che ben conoscono la Città Frentana innanzitutto per la più nota e millenaria festa in cui si celebra, nel mese di maggio, il Santo Patrono San Pardo.
La passeggiata che vi propongo ci lascia alle spalle la “villetta”, dove sorge il Cinema-Teatro “Risorgimento”, un delizioso spazio verde alberato che affaccia come un terrazzo su Largo Garibaldi, ed ecco, subito dopo via Cluenzio.
Questa strada storica di “Larino giù” (come la chiamano i larinesi), questa la posizione che differenzia la Larino medievale da quella più moderna, ma che fu l’antica Larinum di cui restano diversi siti archeologici e l’Anfiteatro Flavio, è interamente lastricata di pietra.
Nella bella stagione nel centro storico l’aria è più fresca, il traffico delle auto è limitato, e del tutto interdetto su via Cluenzio, che per la sua importanza può essere considerata il corso della “Larino giù”; anche se è molto cambiata, non propriamente nell’aspetto urbanistico, ma essenzialmente è venuto a mancare quel tessuto commerciale di negozi e botteghe che la animavano.
Come sempre la storia è la protagonista indiscussa, infatti l’intitolazione della via ci ricorda Aulo Cluenzio, appartenente a una famiglia equestre larinese, il cui padre (per alcuni studiosi lo zio) fu Pretore dei Peligni e dei Frentani nella guerra italica.
La notorietà di Aulo si deve a Cicerone, oggi ritenuto l’oratore per antonomasia, tra i più celebri avvocati dell’antichità, di cui si avvalse il noto larinate che fu accusato di veneficio.
Grazie ad una raccolta di orazioni ciceroniane, ci è pervenuto il processo tenutosi nel 66 d.C., più noto come la Pro Cluentio, teatro dei fatti è Larinum, municipio romano appartenente al territorio dei Frentani che oggi corrisponde alla nostra regione Molise.
Cicerone amava Larino che fu tra i più importanti municipium romani, per molti storici la Capitale della Frentania, e ha rappresentato per lui una ulteriore conquista per la sua carriera, anche se già ben consolidata. Malgrado era consapevole della corruzione imperante nell’antica Larinum, dei continui scontri tra le famiglie più abbienti per la sete di potere, di cui scrive chiaramente anche nella sua orazione, accettò di buon grado questa difesa.
In effetti la famiglia dei Cluenzio godeva di grande stima e rispetto, il padre di Aulo (Lucio Cluenzio) era stato scelto per la battaglia contro Silla, difese Pompei con pochi soldati, ma il generale romano avvalendosi di rinforzi lo costrinse alla ritirata e Lucio morì combattendo valorosamente sotto le mura di Nola con i suoi ventimila uomini.
Cicerone nel V Capitolo della Pro Cluentio così descrive Lucio:
“Cluenzio Avito, il padre del presente, o giudici, era uomo che primeggiava non solo nel Municipio di Larino da cui proveniva, ma in tutta quella regione e nelle vicine, per virtù, credito e nobiltà”.
Con ogni probabilità questo è stato il primo caso di crimine per avvelenamento nella storia del diritto romano, e l’arringa non fu pronunciata in una sola udienza per la sua lunghezza e complessità.
Nell’Archivio diocesano dell’episcopio di Larino si conserva un volume settecentesco, da alcuni mesi restaurato, delle orazioni di Cicerone tra cui la Pro Cluentio, ed è la prima di ben cinque edizioni pubblicata a Venezia nel 1764.
Sintetizzo la lunga è complessa orazione: Cluenzio era stato accusato, molto probabilmente dalla madre Sassia, una donna immorale e avida di potere, di avere avvelenato il patrigno Oppianico. Cicerone impostò la difesa con un’abilità senza pari, spostando il principale caso d’accusa sul tema della corruzione dei giudici, ben radicata anche a quei tempi, che occupa quasi tutta l’arringa, mentre neppure un terzo è fa riferimento al difeso Aulo ed è introdotta con la formula significativa, ma non certo del tutto giustificata: il resto è ben poca cosa (reliquia perpeuca sunt).
Riprendendo la nostra passeggiata vi anticipo che sono diversi i palazzi che sono degni di nota su via Cluenzio, tra l’altro, da alcuni mesi, molti sono divenuti “dimore storiche” e hanno vicino all’ingresso principale una tabella esplicativa per i visitatori.
Palazzo Bucci è il primo che incontriamo e che mi permetto modestamente di descrivere in “vesti da Cicerone”:
L’architettura neoclassica è evidenziata dal portale con le sue imponenti ed eleganti colonne in stile ionico con tanto di triglifi e metope nella trabeazione, mentre il portone di legno suggerisce con la sua “B” nella sopraluce in ferro battuto la casata di appartenenza.
Questa famiglia è nota a Larino fin dal Cinquecento, vi ricordo don Giuseppe Antonio, che fu un teologo e arcidiacono della cattedrale, l’avvocato Tommaso; Giuseppe Antonio, un medico che commissionò la costruzione del palazzo che, tuttavia, non fu mai completato e solo la parte inferiore fa parte del progetto iniziale. Quest’ultimo fu anche sindaco di Larino e promosse molte opere pubbliche nella cittadina frentana.
Al figlio Diodato, in qualità di ispettore onorario dei monumenti, si deve la dichiarazione di monumento nazionale della cattedrale.
I Bucci più contemporanei sono gli avvocati Tommaso e Giuseppe. A pochi passi dal palazzo dei Bucci, ci troviamo nella Piazza della Fontana Vecchia (nome derivante da una fontana tuttora attiva), ci ricorda il valore del tempo una meridiana che reca la scritta:
MISURA IL TEMPO E METTILO A PROFITTO.
Essa è dipinta, completata dal suo gnomone, sulla parete del grande terrazzo dell’ex carcere larinese, è di forma rettangolare e misura ben 160×220 cm, tanto che la si vede già da Largo Garibaldi, dove la nostra passeggiata culturale è iniziata.
L’enorme edificio che ospitava i detenuti è molto più antico rispetto all’orologio solare realizzato, con molta probabilità, tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.
Mi preme precisare che non è l’unica meridiana presente nel centro storico medievale, ma è tra le più moderne, una molto più antica, di epoca romana, è incastonata su una parete del Palazzo Ducale e proviene dalle terme dell’antica Larino, ed è stata donata al Comune Frentano dal Cav. Luigi De Blasiis alla fine del XIX sec..
Via Cluenzio è anche caratteristica per i suoi vicoli che destano curiosità già dal nome: vico tufo, vico sole, vico freddo.
Tuttavia la toponomastica larinese è molto precisa, carica di ricordi, di storia ma anche di riferimenti a famiglie autorevoli, all’antica Diocesi, al primo Seminario della Cristianità….alla natura geologica, ambientale e naturalistica del centro abitato (e perdonatemi l’elenco, ma mi sembra molto opportuno), per cui vico tufo, con molta probabilità scavato nel tufo, ci suggerisce l’abbondanza di questa roccia a Larino.
Credo invece che la denominazione di vico sole e vico freddo non ha bisogno di particolari chiarimenti, anche se il vicolo sole si potrebbe ipotizzare come una “nota di ricordo” a via del sole, ovvero quella che sembra sia stata la prima denominazione dell’attuale via Cluenzio.
Non mi addentro in queste viuzze, poiché si aprirebbero altrettanti “chiarimenti”, per quel che posso, o articoli, ma voglio ricordare in merito vico tufo, di cui ho scritto (anche su queste colonne) poiché lì è presente una di quelle “testimonianze minori di fede”, come ho definito auspicandone tutela e valorizzazione:
un’antica maiolica settecentesca che raffigura San Nazario.
A metà di via Cluenzio sorge l’altra dimora storica, nota come palazzo Christinziani ma che è stato uno dei diversi edifici appartenuti alla famiglia Minni, recentemente è stato ristrutturato e ospita un tipico ristorante di tradizione gastronomica larinese e molisana. Molto caro è nei miei ricordi questo palazzo dove, nei locali ora destinati alla ristorazione, esercitavo la professione di restauratore (tante altre botteghe e negozi si aprivano sul corso della “Larino giù”) e mi fa un enorme piacere vederlo così rivalutato, la mia speranza è che ogni angolo di Larino venga, come merita, valorizzato e vissuto.
La notabile famiglia Minni risiedeva a Larino già nel Settecento e nel secolo successivo fu molto influente nell’ambito civile e amministrativo della città. Sulla chiave di volta del portone è scolpito lo stemma della famiglia che raffigura un leone rannicchiato, a questa famiglia subentrò poi quella dei Christinziani, originari di Montorio nei Frentani, che si trasferì a Larino con l’avvocato Luigi che sposò Teresa Maggiopalma e qui esercitò la propria professione. Lo stemma della nuova casata compare invece dipinto sulla volta dell’atrio del palazzo e raffigura due leoni contro rampanti.
(Fine prima parte)
Testo e foto di Adolfo Stinziani