SANTA CROCE DI MAGLIANO. “Partire per amore, morire per lavoro” è il tema del convegno tenutosi nella mattinata di sabato 23 ottobre presso l’auditorium del Liceo Scientifico di Santa Croce di Magliano, con il coinvolgimento delle classi quarte e quinte, organizzato dalla prof.ssa Rachele Porrazzo, per approfondire la tematica della sicurezza sul lavoro.
Sulle note di “La vita è bella” eseguita al clarinetto da Nicola Ciavarra, in omaggio al bisnonno Francesco, si sono aperti i lavori della giornata di studio. Presente all’incontro la Dirigente Scolastica prof.ssa Giovanna Fantetti, che ha salutato i graditi ospiti, dott.ssa Emanuela Rea in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale di Santa Croce di Magliano e il prof. Michele Cicora, relatore, figlio di Francesco, uno dei minatori italiani periti nella tragedia di Marcinelle, in Belgio.
La Dirigente Scolastica ha posto la sua attenzione sul valore della memoria e sull’importanza, per i giovani di conoscere gli eventi di un passato non troppo lontano, che hanno caratterizzato la vita socio-economica anche del nostro territorio, dopo la catastrofe del secondo conflitto mondiale. La disoccupazione e l’emigrazione di una larga fetta della popolazione, specialmente maschile, rappresenta una triste pagina della storia dei nostri paesi. Sul solco della tradizione fortemente consolidata nella nostra scuola, l’evento si pone in continuità con le iniziative promosse al Liceo anche negli scorsi anni scolastici, che videro, fra gli altri, l’illustre presenza di Giovanni Impastato: questo convegno è il primo di una nuova serie, prevista per il corrente anno scolastico.
L’assessore alle politiche sociali del Comune di Santa Croce di Magliano dott.ssa Emanuela Rea ha portato i saluti del sindaco dott. Alberto Florio ed ha sottolineato di aver accolto con entusiasmo l’invito, ritenendo importante la sinergia fra le Istituzioni e la scuola, cantiere di promozione dei diritti umani e fucina di saperi. Anche la dott.ssa Rea si è soffermata sulle questioni legate al lavoro, ponendo l’accento sulle differenze dell’emigrazione di allora con quella “intellettuale” dei nostri giorni.
Il relatore Michele Cicora è il figlio di Francesco, uno dei 17 morti senza nome (che non sono mai stati formalmente identificati) della tragedia avvenuta nel 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle in Belgio, che fece 262 vittime, di cui ben 136 italiani.
Il prof. Cicora ha iniziato il suo intervento rappresentando le condizioni economiche del suo paese d’origine, San Giuliano di Puglia, non dissimili da quelle dei paesi limitrofi. Ha snocciolato dati, percentuali, si è soffermato sulla miseria che aleggiava in quasi tutte le famiglie di allora, stremate dalla guerra e dalle conseguenze che essa aveva portato, e infine ha presentato il famoso manifesto rosa che invogliava gli uomini giovani, forti e in buona salute a lasciare le proprie case per un lavoro sicuro, ben remunerato e con migliori diritti nei Paesi d’Oltralpe. Ha raccontato come anche suo padre vide in questo manifesto un’opportunità per affrancare dalla povertà la sua numerosa famiglia, decidendo di partire per il Belgio, con l’intento di trattenersi il tempo essenziale per mettere da parte abbastanza denaro e dare un futuro migliore ai suoi figli.
Ma l’8 agosto del 1956 nella miniera di Bois du Cazier, dove lui lavorava, un montacarichi sistemato su un vagoncino per il trasporto del carbone, forse avviato in malo modo, colpì una trave d’acciaio. Le scintille sprigionate avviarono un incendio devastante, le fiamme si diffusero velocissime nelle diverse gallerie, arrivando a circa 1000 metri di profondità. Quasi tutti i minatori presenti morirono soffocati e carbonizzati, a salvarsi furono soltanto in dodici. Oggi la miniera di Bois du Cazier è patrimonio Unesco proprio in ricordo della tragedia.
Agli alunni racconta che i ricordi del suo papà sono limitati, perché lo vide solo due volte, l’ultima quando aveva appena quattro anni. Ma ha sempre cercato di conoscerlo, la sua vita si è incentrata sulla ricostruzione fisica ed emotiva di un uomo e di un passato, quello della sua famiglia, fatto di silenzi e di intimo dolore. Per anni era vissuto nella convinzione che il padre fosse rimasto sepolto nelle viscere della terra, in quella maledetta miniera. Poi, solo pochi decenni fa ha scoperto che le sue spoglie riposano tra quelle diciassette tombe rimaste senza nome. “I corpi erano straziati, carbonizzati, irriconoscibili: impossibile definirne l’identità. Che mio padre fosse certamente tra le vittime lo abbiamo saputo grazie alla testimonianza della signora che gli affittava il misero alloggio in cui dimorava. La donna riconobbe una scarpa e il disegno della camicia che indossava quel giorno. Nient’altro. Tra i morti si contano 13 nazionalità: Italia, Francia, Germania, Spagna… I cadaveri di 17 tra questi minatori non vennero mai identificati — sebbene i nomi di tutti siano noti — e le loro tombe stanno in un angolo verde e curato del Bois di Cazier, il sacrario dedicato alle vittime indicati da una targa inconnu”. Il prof. Cicora assimila quelle pietre alle fondamenta dell’Europa unita.
Nel corso degli anni si è recato molte volte sul luogo della tragedia ed è stato proprio sostando davanti a quelle tombe, che è nato in lui il desiderio di un riconoscimento, oggi possibile attraverso l’indagine sul Dna, che potrà ridare un nome e un cognome a quei minatori morti nella sciagura di Marcinelle, l’8 agosto 1956. Per tre anni ha bussato alle porte di tanti uffici dell’UE e delle autorità belghe e italiane, oggi finalmente le sue richieste sono state accolte e i lavori di esumazione delle salme sono partite i primi di ottobre.
Il governo belga e italiano hanno finalmente riconosciuto il dovere della memoria nei confronti di quelle persone che erano andate per lavorare e che hanno anche contribuito alla crescita economica negli anni Cinquanta dei rispettivi Paesi.
I prelievi del Dna in Italia e in Grecia sono stati effettuati con l’aiuto dell’Interpol.
Ha spiegato che si procederà al confronto dei denti e delle ossa con il Dna dei parenti. Verranno anche utilizzate informazioni conservate negli archivi del museo, sorto nel luogo della tragedia. Oltre a lui hanno richiesto l’esumazione anche una famiglia greca e una belga.
Gli esami potranno ridare un nome e un cognome a quei minatori morti nella sciagura di Marcinelle e la speranza di Michele Cicora è quella di riportare le spoglie del padre nel cimitero di San Giuliano, a fianco a quelle della madre.
La relazione del prof. Cicora ha colpito profondamente gli alunni presenti, che nel dibattito hanno approfondito diversi aspetti legati all’ emigrazione italiana.
Il professor Cicora ha così inquadrato quella sciagura: “Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: noi mandavano in Vallonia due mila minatori a settimana e Bruxelles inviava carbone all’Italia per ogni lavoratore a cui venivano promessi alloggi e buone paghe. Combustibile che poi serviva per alimentare le industrie del nord, magari anche sostenute dalle rimesse degli emigranti. Tra il 1946 e il 1956 più di centoquarantamila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Molti lavoratori vivevano in baracche di lamiera, in condizioni disumane”.
La relazione è stata arricchita da foto e brevi filmati. Gli alunni hanno chiesto il ruolo svolto dalle Istituzioni e dalle Associazioni: il relatore ha sottolineato il grande lavoro di promozione della memoria e la consegna della campana “Maria Mater Orphanorum” al memoriale del Bois du Cazier dalla Federazione Italiana dei Maestri del Lavoro e del Consolato del Molise, citando in particolare Anna Ruffo, recentemente scomparsa e tutti i membri dell’Associazione.
Gli interventi sono stati presentati da Jade Bruno, gli intermezzi musicali, con chitarra e violino, sono stati eseguiti da Giuseppe Lamanna e Matteo Colombo della classe Quinta sez. B.
Si può certamente affermare che tutti gli obiettivi prefissati sono stati ampiamente raggiunti: il tema della sicurezza sul lavoro e l’integrazione fra i popoli è un seme che crescerà forte e vigoroso nel cuore dei nostri giovani e darà sicuramente copiosi frutti nell’impegno presente e futuro di ciascuno di loro. Con questa certezza la Dirigente Scolastica prof.ssa Giovanna Fantetti ha chiuso i lavori della giornata, salutando con un arrivederci il prof. Cicora ed invitandolo ancora al Liceo a riferire della conclusione delle indagini, auspicando positivi riscontri per lui e per gli altri parenti che attendono da 65 anni una risposta. Indagini e risultati di indubbio valore morale, storico e scientifico per i familiari e per l’intera collettività.