LARINO. Questa volta il professore Luigi Pizzuto ci porta a visitare Larino, le bellezze del suo borgo meta di tanti turisti e testimone di secoli di floridezza del centro Frentana.
“Larino, Urbs Princeps Frentanorum, nata forse più di dieci secoli prima di Cristo, docet. Piace tantissimo ai turisti che in questo scorcio di tempo estivo visitano il suo borgo antico. Se si contano le tante vestigia si può senz’altro dire che la città è fabbrica di un sapere classico antichissimo.
Mille dunque sono i motivi per visitarla. Ma per toccare con mano il suo ampio ventaglio di testimonianze di pietra, disseminate tra Piano San Leonardo e il borgo antico, bisogna partire dell’anfiteatro più grande del Sannio Frentano, capace di accogliere più di 15 mila spettatori. E scendere più a valle per raggiungere il compatto borgo medievale dalle radici normanne, disposto su un comodo crinale collinare. Tra gli ulivi è in questo contesto che svettano i monumenti più significativi. Come annota nei dettagli il Pacichelli nel 1703, difesi da un’articolata cinta muraria.
L’essenza di Larino è qui. In questo scenario di antica memoria, tra edifici religiosi e civili, palpita un magnifico spirito creativo. Dettato dal rosone, dalle bifore, dall’artistico portale del duomo, dal Palazzo Ducale, dal Seminario più antico d’Italia, dalla Chiesa di San Francesco, ricca di una dolce pittura fresca e gentile. All’interno del Palazzo Ducale colpisce “Il Lupercale”. Si tratta di un magnifico *mosaico policromo* del terzo secolo a.C.
*La lupa dalla pelle tigrata tesse una scena senza tempo che annuncia la nascita dell’Urbe*. I due gemelli si affrettano a prendere con le mani le sue mammelle per succhiare il latte materno. Una grandiosa scena di vita. Un’immagine inconsueta di una leggenda che colpisce. L’allattamento avviene in un antro di pietra, sotto gli occhi stupiti di due pastori ben vestiti. Forse già consci della nascita di una città che diventerà caput mundi. Le innumerevoli tessere che danno vita a questa magnifica storia lasciano col fiato sospeso. *Ma le sorprese non finiscono qui*. Bisogna attraversare l’arco del campanile per vedere uno degli scorci nascosti più belli di Larino. In via Raone cresce la voglia di sapere. *Col naso all’insù lo sguardo incrocia sculture grottesche e misteriose*. Sulla facciata posteriore del campanile, ai lati dell’Arco di San Pardo, trionfano *bucrani, fibule, maschere funebri e festoni marmorei provenienti dalla Larino romana*. Come si rileva dalle foto, le sculture sono chiare e ben conservate perché incastonate in alto ai lati dell’arco. Si tratta di reperti preziosi. Nel loro linguaggio espressivo rivive la voce di un’arte raffinata legata al mondo greco e latino. Il drappo che adorna le corna del cranio di bue è carico di simbolismo. È forte il tono vitale del suo sacrificio. In antitesi le maschere funebri dettano a squarciagola, in un perenne divenire, l’intreccio tra morte e vita. La scena teatrale è sempre in piedi. *Svela le ragioni di una muta filosofia*. E’ ricca di pathos, dunque, all’ombra, sospesa tra cielo e terra, in un angolo di passaggio. A Roma bucrani con ghirlande decorano la magnifica Ara Pacis augustea. Questo motivo simbolico ritorna tuttora nei drappi bianchi sulle corna dei buoi, protagonisti nelle carresi del Basso Molise.
In via Raone sussulta e batte il cuore di Larino. È forte il canto silente delle sue radici. E felicemente si fa sentire”.