LARINO. Vi proponiamo oggi il nuovo intervento di Adolfo Stinziani su uno degli immobili più di Larino, legato all’artista e alla sua adolescenza spensierata.
“Oggi voglio parlarvi di un edificio che spesso al cospetto di quelli più noti come l’Anfiteatro Flavio, il Palazzo Ducale o il duomo, passa in secondo piano. Tuttavia mi riservo, volentieri, di parlare di altri in questo stile presenti a Larino, ciascuno con le proprie caratteristiche storico-artistiche.
Cito tra questi il Villino Zappone, deputato, e lo spero vivamente, a Museo Frentano, a motivo del sito su cui sorge (Parco Archeologico) e per la sua eleganza in perfetto stile floreale.
Tuttavia sono particolarmente legato a villa Palma, dove ho vissuto una piccola parte della mia adolescenza e che ho ancora ben presente nei miei ricordi più felici.
E’ una maestosa pianta di glicine in fiore che associo mentalmente a questa villa, che continua tuttora a germogliare; il suo impareggiabile colore, l’intenso profumo inebriante e quella “veste elegante” che copre l’antico cancello; essi contraddistinguono il cuore del Rione A. Novelli, che la vecchia generazione era solito chiamare “I Parioli di Larino”.
Villa Palma ex Colesanti sorge a ridosso della lunga scalinata (nota appunto come scaletta Colesanti), che conduce nel borgo medievale di Larino passando per le verdi aiuole e i maestosi alberi della villetta comunale.
Per me questa villa è un ritorno al passato, un mio felice ricordo di adolescente che si appendeva provetto funambolo al nespolo del giardino antistante, godevo dell’odore del glicine e delle rose che curavo, come mi raccomandò il proprietario e affittuario, l’avv. Domenico Palma (scomparso da poco), che risiedeva a Milano, con mio nonno Angelo Bonifacio di Ripabottoni.
La villa si distingue anche per la presenza di due palme che mi erano poco simpatiche a quei tempi, non apprezzavo quella novità esotica e le consideravo delle intruse, estranee al nostro paesaggio mediterraneo ricco soprattutto di ulivi, ma oggi comprendo la loro presenza legata allo stile architettonico dell’edificio.
L’inizio della costruzione di questo palazzo in stile Liberty è scolpito in un blocco di pietra (E.C. 1908) posto nella parte posteriore della villa, mentre sul fermo del cancello d’ingresso compare la data del completamento dei lavori (1911).
Lo stile Liberty ha origini londinesi e deriva il nome da Arthur e Lesenby Liberty, due signori commercianti di articoli e stoffe decorati con motivi floreali, ovviamente realizzati artigianalmente da abili e noti maestri. Queste le basi che daranno vita ad una vera e propria corrente artistica che coinvolgerà l’abbigliamento, l’arredamento, la letteratura, la poesia, la scultura e l’architettura rappresentando una sorta di status symbol delle famiglie più abbienti tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.
La “novità londinese” è passata alla storia come Art Nouveau in Francia, e Stile Floreale in Italia influenzando anche le arti figurative (pittura) e quelle applicate (oreficeria). Questo stile si sviluppa in Italia in seguito all’esposizione universale di Parigi del 1900 e di Torino nel 1902, ma arriverà più tardi nelle province e soprattutto nella nostra piccola regione, ma senz’altro supportata dalla classe borghese che andava sempre più imponendosi nel nuovo secolo.
In campo letterario nella prima decade del Novecento a Larino si pubblicano due riviste, la prima “Issimi”, voluta dall’avv. Giulio Colesanti, autore anche di un romanzo, padre del prof. Massimo Colesanti larinese, fondatore dell’Istituto di Studi Francesi all’Università La Sapienza di Roma. La seconda rivista curata da Alfonso Caso fu “La Novella” del 1914, per essa scrissero anche i due parenti Angelo e Gennaro Caso.
Voglio proporvi alcuni versi di una poesia di Gennaro che nella rivista è incorniciata da un elegante decoro in stile floreale, e che ha un gradevole riscontro con la coeva produzione d’annunziana.
Voglio baciarti e dir, come una volta:
Amami ancor, ch’è lungo il mio cammin;
la fanciullezza trapassò disciolta
ne la fidanza di un mentito fin!
……………….
Vo’ dire a l’aere che il respir m’insozza,
de limo suo vigor, la crudeltà,
or che la vita nel mio cor singhiozza.
Appressati gentil…La verità
Sul tuo labbro si schiude e mi dirozza:
il tuo bacio m’inalza, o Libertà.
“Su!…” di Gennaro Caso, da “La Novella”, 1914.
Tornando alla villa Palma, essa fu voluta dall’avv. Enrico Colesanti di Larino che sposò una Pepe di Civitacampomarano, un uomo molto attivo a livello intellettuale e un gran benefattore sia a Larino che a Civitacampomarano. Il progettista fu l’ing. Raffaele Battista larinese, noto anche per il progetto del teatro Savoia a Campobasso, l’impresa che si occupò dei lavori fu la Ditta Terreri sempre di Larino.
La facciata della villa ha uno stile sobrio ed elegante, è caratterizzata da quattro lesene che demarcano i due corpi laterali leggermente aggettanti rispetto alla parte centrale. Lesene più modeste sono ai lati delle finestre e dei balconi, sormontate da architravi sporgenti e decorati.
Sotto la grondaia la decorazione è interrotta da cinque lucernari, ai lati di essi compaiono due eleganti e fantastici animali, dei grifoni stilizzati con la coda che si allunga in motivi floreali a spirale. Molto interessante e senz’altro elegante la trabeazione delle aperture (balconi e finestre sono serrate da veneziane originali di legno), finemente dentellata e con triglifi sulle piccole lesene; nella parte centrale le formelle sono decorate con motivi floreali e nelle estremità con delle palmette. La decorazione interessa solo la facciata e la parte che affaccia sulle cosiddette “scalette Colesanti”; la parte posteriore non ha nessun decoro, oggi è molto rovinata dal tempo e dalle intemperie, e affaccia su un grande orto-giardino con un enorme e antico pino, a cui si accede da un altro cancello in ferro.
Nella facciata posteriore si apre l’enorme portone delle scuderie e le diverse porte delle cantine e dei magazzini che come mi raccontava mio nonno vennero utilizzati dai soldati in tempo di guerra. Con mio nonno esperto agricoltore e giardiniere avevo preso “possesso” di quel terreno nella parte posteriore della villa che si trasformò con mia grande soddisfazione in un rigoglioso orto-giardino: ricordi felici e una sana attività da proporre in quest’epoca di giochi virtuali e social.
Non è certo che la decorazione esterna della villa sia opera dello stesso pittore che ha decorato gli interni che portano la firma di Alfredo Scocchera e la data del 1913.
Questo pittore nacque nella provincia di Benevento ma i genitori erano entrambi larinesi, il padre Luigi fu magistrato alla Pretura di Baselice e poi del Tribunale di Larino, per cui i due coniugi tornarono a Larino quando il pittore era ancora un ragazzo. Alfredo Scocchera frequentò l’Accademia di Belle Arti di Perugia e poi l’Istituto Superiore delle Arti Decorative di Firenze.
Gli affreschi di villa Palma risalgono al 1913, il pittore aveva all’incirca 26 anni quando li dipinse; sempre in quell’anno espose delle sue opere nella Casina Frentana di Larino presso il Palazzo Ducale e fu anche restauratore della statua di San Giuseppe conservata nella chiesa di San Francesco.
Successivamente si trasferì a Milano e si sposò ben due volte ma non ebbe eredi, viaggiò molto ed ottenne molti riconoscimenti per i suoi quadri che rievocano l’impressionismo italiano del pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti che fu suo maestro.
Furono numerose le sue mostre in vari Paesi europei che lo resero noto a Parigi, Londra, Madrid e Berlino.
Entrando dall’ingresso secondario vicino all’orto-giardino le maioliche ripropongono lo stile floreale, così come la ringhiera della scalinata in ferro stampata in un unico modello.
Quante volte mi sono divertito a scivolare su quella ringhiera che per me, a quei tempi, era solo un gioco, ma oggi voglio tributargli il giusto riconoscimento come opera d’arte, ma adesso vi guido ai piani superiori per illustrarvi gli affreschi nelle sale.
Nella prima sala un fascione corre nella parte alta delle pareti rasentando la sommità delle porte interne, vi sono raffigurati degli amorini nudi, in totale sei in diverse posizioni, dal fisico di fanciullo in varie posizioni che giocano con lunghi nastri bianchi e rosa che creano diverse volute, intrecci e nodi che confluiscono intorno ad un grosso vaso a due anse ricolmo di fiori e fogliame. Alla base del fascione vari decori a palmette, corone di alloro con riquadri di figure di donne sedute e seminude che si cingono i capelli di lauro, mentre due cartigli vuoti pare siano incompiuti.
Una delle quattro pareti mostra solo un vaso affrescato tra le due finestre e sul fondo beige misto al verde altri decori con linee sinuose di varia larghezza. Nella seconda sala gli affreschi sono solo floreali e ad intreccio, è sempre un fascione che corre nella parte alta delle pareti della sala ma che coinvolgono anche la volta, come a simulare dei cassettoni, ed nel particolare i vari riquadri hanno degli elementi decorativi accessori, delle piccole borchie di ceramica dipinta.
Villa Palma è certamente un degno e prezioso esempio dal punto di vista architettonico e decorativo dello Stile Liberty declinato in Italia in Stile Floreale che non mancò di esprimersi nella nostra cittadina ricca di arte antica, ma da sempre ben disposta alle novità sia artistiche che letterarie, certamente favorite da una classe borghese locale di indubbio prestigio.
Ma voglio fare, in chiusura, una mia considerazione riflettendo che forse questa novità che ha coinvolto l’arte internazionale è anche l’ultimo baluardo dell’arte neoclassica, con le sue varianti e reinterpretazioni, di quella che sarà l’Arte Contemporanea.
Essa nasceva in quegli stessi anni, ma in maniera parallela e in netta antitesi, da noi con i futuristi e a livello più noto con Braque, Picasso e Dérain che si concentrarono più sulla dinamicità, sulla forma e meno sul colore e su quella sensibilità di equilibrio e bellezza oramai superate dalle nuove avanguardie”.