LARINO. Nel fine settimana, ormai da quasi un anno, la nostra pagina culturale si arricchisce degli interventi di Adolfo Stinziani. Superati alcuni problemi di salute, l’amico Adolfo è tornato al pc per mettere nero su bianco il vissuto parallelo con l’artista Carmen Del Russo.
“Da sempre letterati come scrittori, filosofi, oltre ai diversi filologi, teologi e poeti si sono interrogati sull’esistenza umana.
Ognuno ha analizzato secondo la propria indole e la propria inclinazione razionale, teorica e talora emotiva il perché della vita; questo interrogativo che rimane insoluto e misterioso, ma che allo stesso tempo molto incuriosisce ed affascina.
Immancabilmente gli artisti del visivo non si sono defilati da questo primordiale dilemma, per cui le loro riflessioni e ricerche, in continua evoluzione nel tempo, come le esperienze artistiche e di vita maturate, hanno preso corpo e visibilità nelle tele, nelle sculture, negli happenings e nelle sempre più presenti installazioni.
Trattasi proprio di quest’ultima espressione artistica ATTRAVERSAMENTI, del 2018, l’opera dell’artista di origini monterodunesi Carmen Del Russo. Di lei, del suo talento e del suo percorso formativo, ho scritto nel mese di gennaio. (“L’artista Carmen del Russo e i suoi Codici Identificativi nell’Arte Contemporanea”).
“Nelle opere dell’artista Carmen Del Russo vi è un codice espressivo lontano dai condizionamenti puramente formalistici, in favore di una pittura che diviene mirabile tracciato segnico, in cui la voglia di sperimentare e di creare qualcosa di sempre nuovo, connota profondamente i suoi lavori. L’artista opera in un impianto di matrice informale che si lascia guidare dalla fantasia per dare vita a opere dai colori intensi. Un lavoro colto, espressione di un sapersi muovere con scioltezza e libertà.”
Paolo Levi
La sua personale “Codici Identificativi”, curata da L. Canova al Palazzo Ex Gil di Campobasso, nel 2018, va senz’altro ricordata per la partecipata attenzione dei visitatori, e l’ originalità come mi riferisce la stessa Carmen: L’esposizione è diffusa anche sul territorio di Campobasso con grandi manifesti che si diversificano per scelta dell’immagine in una sorta di on the road o in “non luoghi dell’arte”. Una performance per poter coinvolgere anche chi non frequenta i luoghi ufficiali dell’arte. La scelta di inserire l’immagine parziale del mio volto, con un primissimo piano sull’occhio, insieme alle opere diviene una “provocazione” per incuriosire anche il passante.
Di questa Installazione, Carmen parla in maniera esaustiva riferendomi:
….è un chiaro riferimento all’esistenza di noi esseri umani.
Gli elementi verticali , noi, sono materialmente attraversati da altri elementi incisi e dipinti: situazioni, eventi e accadimenti.
Le tracce incise su di essi, sono i nostri dolori e le nostre cicatrici, le parti variamente dipinte sono i colori della vita: felicità, serenità, passione… Gli elementi verticali sono leggermente curvi e tesi in avanti come il nostro procedere quando si cammina controvento. Sono flessibili, oscillano, poiché nella nostra vita siamo continuamente “attraversati”, ma non ci spezziamo, ritorniamo a camminare, a lottare e a vivere……
Io aggiungo la mia lettura, che è anche molto personale:
Certo…lasciamoci “ attraversare” o, comunque, “inchiniamoci al vento”, perché è l’unico modo per non spezzarsi, così come fa il giunco. Anche l’immagine della quercia, forte e inamovibile, è simbolica, ma fa parte più della nostra cultura occidentale. Dovremmo trarre esempi anche dalla cultura orientale, meditazione e contemplazione sono pratiche che possono dare enormi benefici. E l’artista lo fa, da sempre, osserva, contempla, rielabora ed esprime trasmettendo emozioni che rende visibili col suo operato. Ed in questa opera, con uno sguardo alla mitologia, mi piace vedere una ninfa che sfuggendo a Pan, si mimetizza tra piante di canne palustri e con esse ondeggia al vento delle passioni, senza troppa resistenza, ascolta la sua voce e accoglie quel soffio che è vita e che rigenera.
IMPREVEDIBILE e SEEKING, sono altre due opere dell’artista che danno, anzitutto, un chiaro esempio di tecniche e sperimentazioni diverse sia nei mezzi che nei materiali; l’uso del flex e del bulino, la presenza del contemporaneo forex o del tradizionale legno (anche di riciclo), i laminati in alluminio e non ultimo il colore.
Le varie tonalità di colori suggeriscono le fasi della vita, gli stati d’animo….. di contro segni e incisioni, sono simbolicamente le sofferenze, i dispiaceri, i sacrifici, le “cicatrici” della vita, che tuttavia risplendono nelle opere, col variare della luce, poiché sono parte della nostra esistenza, perché è dalle stesse che dobbiamo trarre l’energia per andare avanti e rigenerarci.
Per quanto riguarda la mia opera “A.S.A.”, del 2020, darò una descrizione succinta, lasciando anche una libera interpretazione al fruitore della tela; certo è che svelando l’acronimo A.S.A.: Adolfo Stinziani, Anima, presento la vera personalità del quadro.
Si tratta di un polimaterico su tela, 60×60, bipartito nei colori nero e grigio cenere, su cui campeggia una sfera bardata dallo spettro visibile della luce con tutti i colori dell’iride. Sul verso della tela ho scritto:
Ho vagabondato, respirato e volato nei sette cieli, adesso attendo ed anelo all’ottavo, al banchetto con gli dei, con nettare e ambrosia.
Nel mio percorso artistico ho già affrontato questo genere di tematiche, seguendo un processo di ricerca e sperimentazione lento e graduale, legato alla sfera dello spirituale e dell’esistenzialismo.
Questa evoluzione è ravvisabile in precedenti opere: PERCORSI, del 2010, dittico polimaterico (che ho usato come copertina nella mia ultima pubblicazione di poesie); ARAZZO, del 2012, tecnica mista su tela di sacco antico; WILD FLOWERS, dello stesso anno, polimaterico, esposto nella Collettiva permanente, Moliseart, al Municipio di Termoli.
Mi preme raccontare un episodio relativo all’opera ARAZZO poiché voglio ricordare una cara persona scomparsa prematuramente, che tanto ha dato alla cultura e all’arte, l’amico, critico e professore Antonio Picariello.
Durante la pausa di un evento al Palazzo Ducale di Larino, prima del suo intervento parlammo, lui fumava il suo sigaro, e mi chiese se continuavamo quella chiacchierata il giorno dopo davanti un caffè, ed io gli risposi che l’indomani andavo a Roma a vedere una mostra di Marbel, la moglie di Achille Pace e che le avrei portato in omaggio delle mie poesie. E lui: bene! ora rientriamo.
Antonio, come tutti in sala, era visibilmente commosso da quell’evento voluto per “La giornata della Memoria”, G. Tucci aveva reso la sua tragica testimonianza di reduce della prigionia nei campi di sterminio; ho ancora bene in mente quel dignitoso signore scomparso da poco e le sue parole: Quando ci liberarono avemmo paura di essere liberi.
Io quasi per smorzare quel “disagio”, chiesi ad Antonio prima di rientrare se mi avesse scritto un giudizio critico su ARAZZO, che avevo realizzato già da tempo, ma che avevo messo da parte, per una mia “insoddisfazione personale” , oltre che per dedicarmi ad altri lavori. La sue parole di risposta furono:
Adolfo, io ti certifico l’autenticità del quadro, ma tu sai meglio di me quello che hai voluto dire; e mi strizzò l’occhio, un saluto d’intesa che spesso mi riservava e che era diventato il nostro saluto. Io feci tesoro di quelle parole, così dirette, e iniziai a scrivere autocritiche dei miei lavori. Inoltre, nel periodo del terribile lockdown, che per me fu un decisivo sprone alla meditazione ed alla creatività, ripresi quelle tematiche, oltremodo congeniali in quei lunghi mesi, e realizzai A.S.A..
Antonio, quella sera della Memoria, colse tutti di sorpresa col suo intervento che iniziò con queste parole:
Ed io adesso dovrei parlare di arte!
Il mio personale e caro ricordo è legato certo alla sua professionalità, al suo carisma, ma su tutto alla sua disponibilità, onestà e umanità.
Attraverso le opere proposte abbiamo tentato di dare un volto all’ignoto, al misterioso, all’insondabile, questa è stata la nostra priorità, l’ambizione di dare voce al vuoto e profondo silenzio della dimensione dell’umana esistenza.
E’ la natura stessa dell’opera d’arte che si mostra, il suo potere di stupire, portare a riflettere e di trasmettere emozioni, insegnamenti, valori in una sorta di “mistica rivelazione”, senza troppe pretese filosofiche o letterarie. L’artista percepisce nella forma e nel colore la fonte di ogni impulso dell’essere artista ma, credo fermamente, ancora prima di tutto la sua fragile condizione di umana creatura.
Osvaldo Licini, noto esponente dell’astrattismo geometrico e scrittore marchigiano, adoperò queste parole in difesa dell’astratto:
E noi questo faremo adoperando libere forme e colori.
Dimostreremo che la geometria può diventare sentimento, poesia più interessante di quella espressa dalla faccia dell’uomo.
O. Licini, 1935
Io mi congedo con alcuni versi di questa mia intangibile creazione, lascio a voi la libertà di lettura, le vostre considerazioni e le dovute riflessioni.
Vita
Oh vita! Qual è il tuo volto?
Non tentare di capirmi fino in fondo,
perderesti il tuo prezioso tempo,
non affannare il tuo respiro.
Sono semplicemente il grande sogno e la piccola realtà
rivelazione e mistero, a tratti il vuoto e il silenzio.
Riempi di gioia i tuoi giorni, quel vuoto che ti scava dentro,
quel silenzio che ti tormenta.
Sono la vita che scorre come un fiume
e nel suo corso leviga i sassi e purifica.
Abbi occhi puri per guardarmi,
non smettere mai di amarmi
e di accettare anche il dolore,
non incatenarti nel buio.
Ricorda che anche la notte è dolce
e con essa ogni cosa si attenua,
anche le rughe sul tuo viso,
ascolta il silenzio e fermati,
non naufragare in inutili pensieri,
ascolta la pace della notte silenziosa.
E quando tutto tace nella tua stanza
ti veglieranno i miei inarrestabili dolci sospiri.
(Premiata alla V^edizione del Premio Internazionale di Poesia “Iside”, Benevento, Rocca dei Rettori, 2017; pubblicata in Antologia Poetica “Percorsi” di A. Stinziani, Palladino Editore, Ripalimosani, aprile 2021.)