TERMOLI. Sarà inaugurata domani, 13 Agosto, alle 18.00 nel borgo antico del centro costiero, la mostra ‘Parto o resto? Indagine sull’io e l’identità territoriale’, una delle tante iniziative messe in campo da Mo Academy ossia da ben 10 molisani e ideatori che mossi dalla vocazione dell’essere hanno messo su un incubatore culturale ed esperienziale dove sviluppare il tema della conoscenza dell’io approfondendo le motivazioni che si celano dietro una determinata azione.
“Cosa ci fa sentire di appartenere ad un gruppo? Come il territorio ci restituisce parte della nostra identità?
Perché decidiamo di partire da un determinato luogo, o di restare in quel luogo?
Questi, alcuni degli interrogativi alla base del progetto che si collega all’indagine svolta nell’ambito del laboratorio “Parto o Resto?”, sul tema dello spopolamento.
I dieci ideatori sono Lorenzo Blascetta, Claudio Cianfaglioni, Isabella Cordisco, Costantina Tavani, Federica Dottore, Gilda Falcone, Maria Giovanna Giorgetta, Laura Meffe, Arianna Sarno ed Oscar Vetta.
Il laboratorio che hanno sviluppato sul tema dello spopolamento ha dato vita alla mostra.
“Non si tratta solo di evidenziare la diminuzione progressiva della popolazione di un luogo ma anche di approfondire e conoscere le motivazioni che si celano dietro una determinata azione per comprenderne ed analizzarne la portata.
Lo spopolamento è una sorta di abbandono che riguarda non solo un territorio ma i legami con le proprie radici, i sentimenti di un’intera comunità. È un dato di fatto che interessa molte regioni d’Italia e numerosi paesi del Sud, in particolare molti paesi molisani.
“Tornate, non dovete far altro.
Qui se ne sono andati tutti, specialmente chi è rimasto.” [Franco Arminio]
Una citazione semplice, ma disarmante nella sua potenza espressiva, un verso di un poeta italiano a noi caro, il paesologo di Bisaccia Franco Arminio, che ha innescato come una scintilla l’opera corale Parto o Resto?.
Dopo due mesi di interviste ad un target di cittadini, tra i 18 e i 93 anni- spiegano gli ideatori – il nostro lavoro è stato quello di sintetizzare in un messaggio profondo, chiaro e forte il contenuto umano emerso dalle tante testimonianze raccolte.
In un momento epocale che ci ha costretto al distanziamento, durante un anno pandemico che non ha agevolato l’attività di laboratorio che avevamo formulato e progettato, non abbiamo perso la volontà e l’entusiasmo per la ricerca. Siamo andati avanti. Abbiamo modificato modalità standard, inventato e attivato una nuova strategia comunicativa. La nostra.
Indagare ed elaborare.
In un confronto costante, continuo, ma anche bizzarro, tra connessioni digitali instabili e riti magici, abbiamo inseguito un’idea e poi raggiunta. Parole toccanti ma anche pungenti, scomode, emotive.
Parole tradotte graficamente in diciannove manifesti nel formato 70x100mm.Un formato standard.
Uno strumento democratico di comunicazione per restituire tante e differenti “voci”, per arrivare a sensibilizzare un tessuto sociale e culturale ormai saturo e stanco. Uno messaggio pubblico, visibile a tutti, affisso nelle piazze ma anche nei vari luoghi urbani dedicati alla comunicazione civile ai cittadini. Un mezzo di comunicazione visiva ed emozionale, che dà valore a parole evocative, che attirano e respingono in un vortice di associazioni e significati. L’affissione sui muri dei piccoli borghi molisani ci emoziona, ci dà identità, ci fa sentire appartenenti ad un popolo tanto amato quanto respinto, che resta e parte tra amori, ricordi e vissuti.
É la voce del Molise e dell’intera nazione.
Il Manifesto che da sempre viene usato per messaggi pubblicitari dal cinema al circo, dalla propaganda politica a quella commerciale, noi lo scegliamo come potente mezzo culturale, che come un megafono grida dai muri la voce di un popolo. Un progetto che si pone l’obiettivo di sollecitare riflessioni e connessioni a tematiche di estremo valore per la nostra comunità.
Le proprie radici, la propria storia, l’essere.
In un mondo dove l’avere prende unico valore e peso, questa indagine sottolinea l’importanza di temi legati all’io, all’individuo in relazione al noi, all’inclusività.
Cosa sono le radici se non un mezzo di connessione tra il terreno e il corpo, tra l’anima e la memoria?
Le radici sono la parte più audace di noi esseri umani, quella che desidera dialogare con gli altri e con il resto del mondo. Le possibilità e le non-possibilità, la scelta, la paura, il coraggio, un’emozione si trasformano in testimonianza. La voce diventa radice.
Parole sintetizzate, accuratamente evidenziate e trascritte, prendono vita nelle composizioni grafiche ideate e realizzate.
Si tratta di testamenti, lettere dal passato, intenzioni per il futuro.
L’uso di due colori, il blu e il rosso, è funzionale all’obiettivo, l’intento è quello di veicolare un messaggio che sia tanto “attivo” che “ricettivo”.
Il pieno e il vuoto.
L’alternanza dell’emotività segue in questo progetto visivo la restituzione della forma.
Abbiamo dato voce ad alcune minoranze linguistiche che solitamente vengono ignorate anche da gran parte dei cittadini dei paesi e delle zone interessate. Il croato parlato in Molise (na-na u o na-na o, di Kru , Mundimitar e Fili) e l’albanese degli arbëreshë sono parte del patrimonio linguistico di molte zone d’Italia e in particolare di numerosi paesi del Molise. Acquaviva Collecroce, Montemitro, Portocannone, Ururi, Campomarino, San Felice del Molise, Montecilfone e Termoli sono solo alcuni, l’eredità linguistica segue quella delle più antiche tradizioni culturali della popolazione e non devono perdersi per stanchezza o distrazione.
Nel momento in cui sono arrivate le testimonianze in lingua le abbiamo accolte. La diversità è ricchezza ed è storia, memoria, cultura. É la ricchezza di una terra, fatta di diversità di popoli e confini. A noi arriva proprio dall’espressione di un pensiero sincero, dall’amore, dalla speranza così come dalla condivisione, dalla denuncia dalla presa di coscienza dell’amore per il Molise e le nostre radici.
Per questo vogliamo tappezzare la nostra terra e tutta l’Italia con queste dichiarazioni di umanità.
Vogliamo abolire i confini per condividere tutti quei racconti che sono molto di più di una storia, sono sostanza, sono base di conoscenza e possibilità di esplorazione per l’individuo e l’intera società”.