LARINO. L’artista, l’amico Adolfo Stinziani in questo weekend di Giugno ci porta a Torella del Sannio per farci conoscere il suo castello e l’artista Elena Ciamarra.
“Una targa sul lato destro dell’entrata del castello precisa: CASA MUSEO ELENA CIAMARRA; e una epigrafe su marmo bianco riporta alcune parole di J.W.Goethe: Muori e trasfigurati, tu non sei che un torpido ospite sopra questa terra.
La mia visita a Torella del Sannio risale a qualche anno fa, prima della pandemia; conobbi Angela Piscitelli grazie a un’amicizia comune, una signora originaria di Torella, che ebbi il piacere di conoscere a Bruxelles, dove vive da anni.
Quel pomeriggio partii, su invito della signora Angela, da Larino, dove risiedo, ero molto curioso e interessato all’evento in programma nel Castello: un concerto di clavicembalo della giovane e talentuosa Giusy Fatica.
Appena giunto, lasciai la mia macchina percorsi gli antichi vicoli, salii una serie di gradini in pietra viva e arrivai al Castello.
Era già tutto un fermento di persone che arrivavano e, senza esitare, davano una mano a disporre al momento nell’atrio del Castello delle sedie. Gli ospiti erano molti ed io, con altri, sistemai la mia sedia all’aperto, il portone era spalancato e mostrava il clavicembalo sotto lo scalone che portava al piano superiore e la giovane concertista con abito lungo per quella occasione.
Angela fu subito molto cordiale e disponibile con me, quanto con tutti gli altri conoscenti e amici di vecchia data, si respirava un’aria molto familiare , lei sempre sorridente e pronta alla battuta: un’anarchica non più gioiosa, ma sempre in guerra, rinascimentale e basta (come ama definirsi).
Il Castello di Torella del Sannio è appartenuto nel tempo a diverse famiglie, dai Conti del Molise a Tommaso Capuano, del ramo angioino, poi ai Caracciolo e ai Fiancone, marchesi di Salcito.
L’edificio è di origini sveve, ma è stato ampliato e modificato, per cui oggi mostra ben quattro torri. Sorge nella parte alta del centro abitato e sovrasta con le sue torri, rifinite a grondaia con un decoro alla “romanella”, una piazzetta ellittica.
Nel 1863 il Comune di Torella è autorizzato ad aggiungere “del Sannio” per distinguersi da altre località omonime.
Al di sotto del Castello sorge la Chiesa Madre che custodisce il corpo di San Clemente, che giunse nel 1786 dalle catacombe romane di Priscilla.
Attualmente il Castello è di proprietà degli eredi Ciamarra solo della parte nord est, dove abita Leonardo Cammarano, figlio della notevole pittrice, disegnatrice e musicista Elena Ciamarra (Napoli 1894-1981). Lo stesso Leonardo è un musicista e pittore di talento, prevalentemente paesaggista, autore di un gradevole dipinto del Castello che mi ricorda la pennellata malinconica del pittore toscano Ottone Rosai.
Dopo il concerto nell’atrio del Castello salii con gli altri ospiti, su per lo scalone antico, al piano abitato e, in quel mentre, incontrai diverse persone già conosciute, in particolare alcuni artisti e amici con cui avevo condiviso mostre ed eventi di arte.
All’ingresso, nell’atrio, avevo già respirato l’aria di antico e visitato la cantina con le sue file di botti e il magnifico “palmento” per il mosto, in rovere, uno dei rari sopravvissuti in Molise.
Arrivato nella prima sala del piano abitato quasi mi si presentò la figura di Elena Ciamarra: tutto parlava di lei, ogni quadro, libro, suppellettile o poltrona, ma protagonista di quel salone era il suo pianoforte; un rarissimo Steinway del 1870 (chiamato Stanvè dagli antichi torellesi) che l’artista suonò fino alla fine dei suoi giorni.
Molto mi commosse sapere che Elena invecchiando soffrì di una cecità che avanzava, ma incurante del suo stato, come artista tenace e instancabile, continuò a lavorare ingrandendo il formato dei suoi disegni.
Lo stesso fece come musicista quando l’atrofia le guastò le mani, ma con determinazione si fece confezionare dei guanti speciali che le permisero ancora di diffondere la musica del suo adorato Steinway nella vallata.
L’artista torellese Fernando Izzi ha reso omaggio a Elena Ciamarra con un’opera in ferro forgiato e battuto a mano “L’uomo e la musica” di cui il figlio Leonardo ha interpretato: Uno “spirito” simile ad una fiamma, ma anche ad una foglia che si invola, osserva tra meravigliato e protettivo una enorme chiave di violino, che sorge dal nulla come un prodigio. La musica è una fiamma, è fuoco, dice questo piccolo capolavoro; è un miracolo di trascendenza che contraddice le leggi di questo mondo, e che brucia le troppe parole di un assordante silenzio, il nostro quotidiano mutismo.
Elena Ciamarra solo in tempi recenti ha avuto degni apprezzamenti come artista tenace e instancabile, una donna (forse è anche questo il motivo che ne ha offuscato la memoria) che dedicò la sua vita all’arte della musica e della pittura.
Il caro amico larinese critico d’arte, da poco scomparso, professore Antonio Picariello, insieme ad altri autori le ha reso omaggio con un catalogo dal titolo “Elena Ciamarra il luogo della vita e della meraviglia”, Palladino editore, Campobasso 2018.
Il catalogo fu di complemento alla presentazione di una mostra al Municipio, e in quella occasione ci fu anche una cerimonia che intitolò una stradina che porta al Castello alla notevole artista, una donna geniale e protagonista del ‘900.
Dopo essere passati nella sala col pianoforte i castellani ci accolsero nel tinello, tappezzato di quadri, il grande tavolo da pranzo accompagnava un’antica credenza, stracolma di oggetti di ogni genere e epoca, e offriva innumerevoli piaceri culinari oltre del buon vino. Nella cucina attigua tante donne volontariamente si affaccendavano a preparare e distribuire vivande per tutti gli ospiti, in un’atmosfera di genuina convivialità.
Leonardo Cammarano era seduto nella sua poltrona davanti al caminetto scoppiettante in compagnia del suo vecchio amico gatto, su cui pende il ritratto dell’antenato Gennaro Ciamarra, datato Napoli 1849, amministratore dei Caracciolo che ricomprò il Castello.
Benedetto Croce ci fornisce notizie sull’autore del ritratto trovandole in uno scritto di Vittorio Imbriani, in cui compare il nome di Vincenzo De Mita: Un certo De Mita che si fa chiamare il foggiano per via di un suo bisnonno, non pessimo pittore, era di Foggia, tiene in Napoli bottega di ritrattista in mezzo a Toledo…….
Il caminetto di marmo proviene da casa Filomarino a Napoli, e pare fosse collocato nella biblioteca in cui Giambattista Vico, precettore di quella famiglia si fermava a leggere e a meditare.
La talentuosa e instancabile Elena Ciamarra è stata anche la disegnatrice di un lampadario in ferro battuto all’ingresso del piano abitato, che riproduce il lume dello studio di Martin Lutero a Eisenach.
La sua produzione artistica fu febbrile, oltre ai dipinti, si contano migliaia e migliaia di disegni, una produzione ininterrotta che durò per circa sessant’anni.
L’artista prediligeva i ritratti, in essi non ha cercato solo la resa espressiva, ma anche il realismo e la perfezione della figura umana, difatti nel Castello sono in mostra i suoi superbi bozzetti anatomici. Ha scritto di lei Riccardo Lattuada:
è alla figura e al volto umano che la pittrice ha dedicato un’attenzione costante per tutta la vita…..il popolo molisano, pietrificato nella fase finale della sua secolare storia agro-pastorale, è colto in un’antologia di straordinario significato, mediante un rigore e una profondità che forse solo certi caratteri femminili riescono ad esprimere in una logica così nitida e coerente.
Leonardo Cammarano riferisce un episodio particolare della madre Elena, diventato ormai un mito di famiglia:
Era ancora una ragazzina quando un giorno corse dal padre con gli occhi scintillanti per l’eccitazione mostrandogli orgogliosa un ritratto formato tessera. L’avvocato, pur essendo abituato a tener per sé i propri sentimenti, ebbe un moto mal dissimulato di meraviglia, il ritratto che la figlia gli porgeva sembrava proprio una sua foto! Quella ragazza non finiva mai di stupirlo.
Era nata il 23 dicembre del 1894 a Napoli, da una illustre famiglia, il padre Giacinto, noto avvocato e novelliere, mai osteggiò il suo grande talento per la pittura e la musica, e a quei tempi fu tra le prime donne italiane a conseguire il diploma di pianoforte, violino, composizione e direttore d’orchestra.
La musica e la pittura furono la sua vita, il suo talento crebbe e maturò in innumerevoli viaggi all’estero, che le permisero di conoscere artisti, intellettuali e maestri di musica, con i quali continuò ad avere continui contatti epistolari.
Angelo Conti, conservatore dei Regi Musei di Capodimonte, la favorì facendola esercitare nei musei di tutta Europa, copiando i capolavori dei grandi pittori. Riuscì ad imitare le velature cinquecentesche di opere dipinte da Tiziano, Holbein e Bruegel il Vecchio, alcune sue opere sono custodite a Ferrara e a New York, dove si trova nel Museo delle Copie un Paolo III, dall’originale di Tiziano. Le sue esposizioni furono molto rare per la sua indole schiva e la sua umiltà di apprendista, tenendola così lontana dalla notorietà e dai saloni artistici alla moda.
Tuttavia alla Mostra dei Mercati Traianei a Roma, nel 1937, un suo quadro “Ritratto di contadina” non passa inosservato al re che lo acquista per la sua collezione privata.
Una delle torri del Castello, a cui si accede da una porticina del suo atelier con una scala di opaco abete nero fu la preferita di Elena, una sorta di rifugio, che lei stesse dipinse interamente di blu, e da quella torre ammirai lo splendido paesaggio del paese e tutta la vallata.
Fino in età avanzata con la lunga chioma bianca, la fronte alta e gentile e gli occhi cerchiati di azzurrino, di una profonda espressione, Elena vestì il suo camice nero da operaia, macchiato di blu cobalto, il suo colore preferito.
In paese i torellesi ricordano la luce della sua camera accesa fino a tarda notte e il suono dello “Stanvè”, e pare che, come in ogni Castello che si rispetti, tra quelle mura compaiono periodicamente delle figure.
Elena Ciamarra con i suoi tanti attestati di stima, le sue importanti frequentazioni in Italia e all’estero, gli articoli di stampa che la elogiarono come grande artista e originale ritrattista, mai mutò il suo carattere riservato, mai, quanto ho detto, intaccò l’amore per il suo Castello, la casa dell’amato padre, che fu sempre la sua dimensione ideale di donna e di artista…..il luogo della vita e della meraviglia.
Adolfo Stinziani