LARINO. Adolfo Stinziani, questa volta, ci regala l’emozione di un viaggio, o meglio, partendo dalla visita a Larino di una sua amica venuta da Bergamo trasforma quel viaggio in un documentario vissuto che ci apre alla bellezza e alla particolarità del portale della basilica cattedrale frentana opera ‘gemella’ in qualche modo della facciata della basilica di Lanciano.
“Qualche anno fa la mia cara amica e collega Eugenia di Bergamo venne a trovarmi a Larino, ero felice ed entusiasta di farle conoscere la mia cittadina di cui aveva tanto sentito parlare in occasione del gemellaggio della città frentana con San Pellegrino Terme.
Dopo la Circonvallazione arrivammo in Piazza Municipio dove parcheggiai. Eugenia già dal Piano San Leonardo, la parte nuova di Larino, mostrò il suo vivo interesse, ma il mio tour era previsto nel borgo medievale. Tuttavia passai su via Dante per farle ammirare l’Anfiteatro Flavio nel Parco Archeologico di Villa Zappone (tra l’altro chiuso al pubblico in quel periodo), e prima di arrivare al borgo, non mancò un’occhiata a quello che resta dell’Ara Frentana e lì lei esclamò: queste pietre parlano da sole!
Io continuavo ad illustrare con piacere misto ad orgoglio ogni angolo visto durante il nostro tour. Arrivati, e lasciata la macchina, le feci percorrere delle strade alternative per condurla al duomo. Passammo per l’ottocentesca Fontana Nuova, alle spalle del Palazzo Ducale e subito dopo su via Roma arrivammo alla chiesa di origini medievali di San Francesco, e poi di lì, a un passo, in vico del duomo.
Quindi passammo sotto l’arco di Torre Galuppi (depredata delle sue campane nel periodo napoleonico), per arrivare sulla storica via Seminario, così intitolata in ricordo del primo Seminario della Cristianità nato a Larino, dopo il Concilio di Trento.
All’imbocco di questa via, sulla sinistra, un altro arco, parte dell’edificio che fu la terza sede del Seminario (1642-1936) incornicia piazza del duomo e, appena varcato, splendido appare il nostro gioiello medievale:
la Basilica Concattedrale di Larino.
SI PRAESENS SCRIPTUM PLANE VIDEBIS, TEMPORA NOSTRAE LOCATIONIS HABEBIS A.D. MCCCXIX ULTIMO IULII IN CHRISTO PONTIFICATUS DOMINI IOANNIS P.P.XXII ANNO III REGNORUM SERENISSIMO REGIS ROBERTO ANNO XI SUB PRAESULATU RAONIS DI COMESTABULO HUIUS CIVITATIS OMNIBUS MEMORIA FUIT.
Questa la scritta che corre sull’architrave del portale principale del duomo, mentre la lunetta ha come tema La Crocefissione, la Croce come simbolo di salvezza eterna.
Era il tempo del vescovo Raone che inaugurava la Chiesa dell’Assunta, poi di San Pardo, Patrono di Larino e come precisa il caro amico Giuseppe Mammarella, studioso di storia larinese, dai suoi recenti studi, intitolata anche ai Santi Martiri Larinesi Primiano, Firmiano e Casto.
Nella lunetta un angelo precipite incorona il Cristo, con una degna corona regale, ha tolto quella del martirio che tiene quasi nascosta dietro la schiena. Dal Libro del profeta Ezechiele 9:4-6
E Dio mandò un angelo e disse: passa in mezzo alla città di Gerusalemme e segna la croce sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono.
E’ un brano che letto oggi, in questi tempi spaventosi, non può che dare speranza o comunque conforto, anche a chi non ha una fede ben definita.
Sempre un angelo aveva annunciato la venuta del Figlio di Dio, il Salvatore dell’umanità per consacrarlo con la sua morte e resurrezione a re dei re.
Il duomo di Larino, dopo i restauri negli anni ’90, ha riscoperto nella lunetta del portale l’antica policromia, una pratica usuale nel Medioevo
Le sculture a tutto tondo e i bassorilievi erano variamente colorati, al pari degli affreschi. Io, in quelli anni avevo avuto la committenza di alcuni restauri lignei all’interno della Basilica e fui sbalordito da quella inaspettata conservazione di colori, raramente le opere litiche medievali, quelle esposte soprattutto, ci sono pervenute con la loro originale policromia.
L’anno di consacrazione incisa nell’architrave risale all’A.D. MCCCXIX, il vescovo fu Raone e l’imperatore del tempo Roberto, è una epigrafe dettagliata che però omette il nome dello sculptor.
Questo è il motivo poiché ho preso in esame la Chiesa di Santa Maria Maggiore di Lanciano, che è antecedente di due anni (1317) a quella di Larino.
La Chiesa abruzzese nella lunetta del portale principale reca la firma di Francesco Petrini da Lanciano o Perrini, come alcuni studiosi riportano.
Egli fu tra i massimi esponenti nel vasto territorio frentano del cosiddetto stile romanico abruzzese, che già tendeva al gotico.
La firma del Petrini, presente nella lunetta di Lanciano, presenta caratteri esasperati che superano la grandezza del resto dell’iscrizione.
Gli studiosi sono quasi tutti unanimi a ritenere che sia il Petrini il magister delle due Chiese, in particolare mi riferisco alla scultura che ha evidenti analogie nell’impianto e nello stile. Occorrerebbero diversi tomi per illustrare l’intera facciata del duomo di Larino; per chi ha un occhio allenato e una preparazione storico-artistica può cercare tra le antiche pietre una senz’altro enigmatica, un bassorilievo (forse di riuso) di cui è incerta la provenienza e il significato simbolico sospeso tra il sacro riferimento mariano e forse una rappresentazione esoterica, se non addirittura cosmica e, mi permetto di aggiungere, forse tout court un decoro floreale.
Personalmente e verosimilmente sostengo l’ipotesi del simbolismo sacro della pietra , considerando l’antica intitolazione della Chiesa all’Assunta, ma per quanto riguarda la lunetta non posso avere alcun dubbio, malgrado non sia firmata, dell’attribuzione al Petrini.
Inoltre, potrei anche avanzare l’ipotesi che lo sculptor si sia firmato in maniera diversa con uno dei tanti visetti stilizzati presenti nelle colonne del portale variamente scolpite, che terminano in “merletti” di foglie di acanto, una tesi suffragata anche da altre opere scultoree del periodo medievale.
Tuttavia nella lunetta di Larino ho notato una diversa sensibilità scultorea, che preciso, non è frutto di campanilismo o propriamente “larinismo”, senz’altro diversa nel plasticismo delle sante figure che sono più aggraziate, meno tozze. Nell’insieme il celeste angelo precipite, protagonista della rappresentazione, rende oltremodo la sua bellezza e tenerezza nell’atto di togliere la corona di spine al Cristo celandola con la mano sinistra dietro le spalle, mentre con l’altra lo cinge della regale corona, una rappresentazione che nel vederla ha il sapore di una poesia e una fine sacralità.
Le figure dolenti ai lati della croce si stagliano su un fondale blu, una tinta che ha del trascendentale, che farebbe invidia a quello registrato come IKB da Yves Klein, ma la ricerca dei colori espressa da questo artista e il nouveaux rèalisme appartengono alla Storia Contemporanea, è Arte delle nuove generazioni artistiche.
In conclusione la lunetta, il portale e tutta la facciata del duomo di Larino, malgrado siano state realizzate nel periodo storico ingiustamente definito “buio”, è nel suo insieme decisamente più dolce, ho notato una diversa sensibilità dello scultore nella resa scultorea, quasi che lo stesso artista abruzzese sia stato influenzato ed affascinato dalle amene colline che degradano verso la piana larinese e guardano il vicino mare.
Adolfo Stinziani