LARINO. Mancano poche ore al Natale, al giorno in cui la Luce venne nel mondo per ridestarlo dalla tenebre. E’ un Natale diverso, diverso dentro e fuori, ma la gioia quella vera torna nel mondo, torna a Larino perchè le cose accadono senza chiederci il permesso e tocca solo a noi, ad ognuno di noi a farci trovare pronti.
In questa notte magica vogliamo lasciarvi l’omelia che don Antonio Giannone ha scritto per tutti i larinesi vicini e lontani. Una riflessione profonda sul vero significato del Natale in cui Cristo si è fatto bambino al di fuori di tutto, fuori da un alloggio, con l’augurio che dentro si possa tutti trovare un senso nuovo alla propria esistenza.
«Mentre era in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto» (Lc 2,6). Il tempo e la storia accadono senza chiederci il permesso, senza domandarci parere: accadono, e basta.
Che ci abbia trovati pronti o no, poco gli è importato: il covid-19 è piombato con prepotenza per stravolgere le nostre vite, incurante del nostro rifiuto e della nostra paura. Anche per Maria e Giuseppe accadde qualcosa di simile, in quella notte che la storia ci ha insegnato a chiamare “santa”: costretti a lasciare il proprio villaggio per farsi censire, ci racconta il Vangelo, il tempo della nascita giunse, all’improvviso, proprio nel momento meno opportuno, e «per loro – continua l’evangelista – non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).
Che strana questa storia: noi ci lamentiamo di un tempo che ci costringe a rimanere dentro, Dio invece, entra nella storia nascendo fuori, perché per Lui, il Dio-con-noi, dentro non c’era posto. Immaginando che questo Natale 2020 fosse il primo della storia, stanotte, Gesù, con il virus dietro l’angolo e le forze armate schierate per garantire il rispetto del coprifuoco, sarebbe, davvero, nato fuori.
Il mistero del Natale è tutto qui: la storia del visibile e dell’invisibile, un insieme di umano e divino, un gioco tra dentro e fuori, come la nostra vita, d’altronde, che altro non è che un continuo spendersi tra dentro e fuori.
Fuori ci si incontra, ci si relaziona, ma poi è dentro che si esiste nel profondo; fuori dovremmo manifestare quello che dentro viviamo, il fuori ci consente di trovare quello che dentro desideriamo. Ma non è sempre è così: ora che il fuori ci è stato tolto, che cosa, dentro, ci rimane?
Questo Natale 2020, carissimi fratelli e sorelle, in poche parole, togliendoci il fuori ci costringe a guardarci dentro e a ripensarci dal di dentro: la messa della notte di Natale, per una strana coincidenza di significati, è l’unico e ultimo atto che possiamo vivere fuori, poi arriverà la mezzanotte e ci troverà tutti in casa, tutti dentro, a fare i conti con le nostre fatiche e le nostre gioie, inevitabilmente a contatto con ciò che unisce, più di ogni altra cosa, il dentro e il fuori: il nostro cuore.
E allora che sia davvero questa la notte in cui poter riscoprire, dentro di noi, l’interiorità in attesa di rivivere, fuori di noi, l’esteriorità; che sia questa la notte in cui sorprendersi di nuovo per la bellezza dell’amore, ricevuto dentro e donato fuori; che sia questa la notte in cui le coppie, mentre si sfiorano fuori, si accarezzino dentro, dando nuova linfa al loro rapporto; che sia questa la notte in cui il sorriso di un figlio o la voce di una madre o di un padre lascino impresso, dentro, un sigillo che tutti, fuori, presto potranno leggere attraverso i nostri occhi; che sia questa la notte santa in cui possiamo dirci capaci di perdono dentro e di pace fuori, o se volete di pace dentro e di perdono fuori, perché in fondo è la stessa cosa; che sia questa la notte in cui le paure vengono accolte, le ansie ascoltate e i lutti integrati, dentro e nel profondo, perché, fuori, «per coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 1,9); che sia questa la notte in cui mentre tanti, fuori, lontani o vicini a noi, piangono i propri morti, il nostro cuore si senta chiamato a nuova speranza perché l’amore è venuto ad abitare ancora una volta dentro casa mia; che sia questa, la notte di Natale 2020, in cui accorgersi che siamo, fuori, mendicanti, di ciò che possediamo, da sempre, dentro; che sia questa la notte in cui fare esperienza del fatto che non siamo soli, non lo siamo per davvero, né in vita né in morte, né dentro né fuori, perché tutto ciò che Dio ci ha donato dentro lo riabbracceremo, presto o tardi, fuori, in questa vita o nell’altra; che sia questa la notte in cui ricominciare, per fare in modo, quando sarà possibile, che ciò che vivremo ancora e di nuovo fuori sia nient’altro che la vita bella che ci portiamo dentro, come il Bambino Gesù che facendosi carne, ci mostra, fuori, quanto è grande l’amore di Dio per noi che Egli porta dentro di sé.
Tra tenebre e luce, tra giorno e notte, tra gioia e dolori, tra dentro e fuori: oggi è nato per noi il Salvatore!
Allora coraggio, e buon Natale Larino: Gesù Bambino continui a sognare, dentro di sé, i tuoi sogni più belli, perché possa apparire fuori, ogni giorno della tua vita, quanto scrive Paolo nella seconda lettura di stasera: «Figlio mio, oggi è apparsa – per me e per te, potremmo aggiungere, nella mia e nella tua esistenza- la grazia di Dio» (Tt 2,11).
don Antonio Giannone